"Wilma Montesi - La ragazza col reggicalze" di Vincenzo Vasile (I Misteri d'Italia
/ 1 L'Unità 2005)
Prefazione di Carlo Lucarelli

Ci sono casi di cronaca che non si fermano
alla cronaca. Nessuno lo fa, nessun omicidio,
per esempio, è soltanto un affare della polizia
e della stampa, tra il detective e il lettore,
come un semplice romanzo giallo. Per quanto
piccolo, semplice, chiaro e risolto sia,
investe comunque una comunità intera in cui
è successo qualcosa che non doveva succedere,
e se è successo vuol dire che in quella comunità
c'è qualcosa che non va. Il “caso Montesi”,
addirittura, fa ancora di più. Non solo non
si ferma alla cronaca, ma va anche oltre,
investe la morale, travolge la politica e
arriva fino alla storia. Il “caso Montesi”
è un caso storico, forse il caso storico
per eccellenza. Se si ferma qualcuno per
la strada, qualcuno che abbia comunque l'aspetto
di una persona che mantiene la memoria, altrimenti
è inutile, non vale neppure per Garibaldi
o Giulio Cesare, se si ferma uno così per
la strada e gli si dice «Wilma Montesi»,
quello risponderà «ma certo,il caso Montesi».
Se lo ricorda, se quello di una ragazza trovata
morta - è difficile anche dire semplicemente
uccisa - è diventato storico, è per una serie
di motivi. Uno è quell'insieme di volti di
ragazze in posa dal fotografo o maliziosamente
sorridenti sotto raffiche di flash di paparazzi
impazziti, quelle folle immense davanti ai
tribunali, quei ministri in cappottone lungo,
molto Dc e un po' stravolti, tutti quei volti
scavati o rotondi, dai capelli lisciati dalla
brillantina o modellati dalle onde, tutti
rigorosamente in bianco e nero e molto, moltissimo
anni '50. È l'estetica, l'atmosfera, lo stile
del caso Montesi, che sono l'estetica, l'atmosfera
e lo stile degli anni '50, così vicini da
poterceli ricordare, anche se alcuni di noi
non li hanno direttamente vissuti, e allo
stesso tempo abbastanza lontani da diventare
storici, o meglio mitici. Anni importanti,
in cui tutto comincia e contemporaneamente
tutto cambia e dall'Italia del fascismo e
della guerra, della radio e dei paesi, dell'agricoltura
e della fame, si passa a quella della politica,
della televisione, delle città e di quello
che presto sarà il benessere del boom economico.
E' un'Italia ancora a metà quella in cui
muore Wilma Montesi, ed è un'Italia che ci
affascina, così sfumata in quel bianco e
nero ovattato, perché velata dal fascino
esotico della storia ci troviamo molte delle
radici del nostro presente. Ma non è solo
il tempo che fa del caso Montesi un caso
storico. È soprattutto il fatto che si tratti
di un mistero, ma non un mistero qualunque,
un mistero italiano. Che si tratti di un
mistero - cosa è successo esattamente? perché
è morta Wilma? chi ne porta la responsabilità?
cosa c'entrano tutti quelli che sono stati
coinvolti - è indubbio. E anche che si tratti
di un mistero da giallo. Una bella ragazza
giovane come vittima, un ambiente altolocato
e potente come sfondo, personaggi del jet
set coinvolti, ambiguità continue, menzogne,
rivelazioni, colpi di scena, superpoliziotti
e gol profonde, se non fosse accaduto realmente,
il caso Montesi, ce lo saremmo ritrovato
nelle pagine di Scerbanenco o di Perria,
oppure scippato da colleghi d'oltre oceano
come l'ultimo Chandler, o anche di là dalle
Alpi, come Simenon. Quello che c'è in più
è tutto il resto. Le modalità con cui si
svolge e si monta e le conseguenze che provoca.
La politica che se ne impadronisce, il sottogoverno
che lo gestisce, la stampa che lo gonfia,
il pubblico che lo assume, i faccendieri
che ne approfittano, i magistrati che ci
si perdono, anche i servizi, più o meno ufficialmente
segreti, che se ne occupano. E di conseguenza,
i governi che cambiano, i potenti che si
bruciano, i superpoliziotti che fanno carriera,
i faccendieri che vengono sacrificati e i
servizi, più o meno segreti, che alla fine
di tutto restano tali. E il pubblico, che
alla fine si trova in mano un pugno di articoli
di giornali e qualche contraddittoria sentenza
che non dice niente. C'è un bel racconto
di Ennio Flaiano, che parte da una discussione
salottiera sul caso Montesi e finisce nella
fondazione di un costoso, inutile e italianissimo
ente Montesi. C'è ancora un'altra cosa che
rende il caso Montesi così importante, anche
se non così unico, purtroppo. È una sensazione,
percepita più a livello inconscio che razionale,
la consapevolezza che si tratti di qualcosa
di molto importante per tutti. Siamo tutti
consapevoli di quanto siano stati importanti
i movimenti e i partiti politici per la nostra
storia, o di quanto lo siano state le scelte
economiche, i leader politici, il '68, anche
la moda, la cultura e perfino la televisione.
Non lo siamo altrettanto per quanto riguarda
la cronaca nera. Però lo sentiamo che la
violenza, gli omicidi, alcuni eventi criminali
avvenuti nel nostro paese non possono essere
confinati nella metà oscura, nel campo temporaneo
e marginale delle devianze. La storia della
criminalità organizzata, del terrorismo,
degli omicidi eccellenti e delle stragi è
storia d'Italia e fa la storia d'Italia quanto
l'hanno fatta lo sbarco dei Mille o la Costituzione
Europea. Alla base dei più radicali cambiamenti
della politica italiana c'è spesso un omicidio
o peggio una strage. Il caso Montesi determina
il cambio degli equilibri interni della Dc
e del paese come e più di una crisi di governo.
Se la bella e ingenua Wilma fosse stata meno
bella e meno ingenua, se quella sera fosse
rimasta a casa invece che uscire, o se il
mare se la fosse portata via definitivamente
invece di lasciarla su quella spiaggia, forse
la Dc sarebbe stata quella di Piccioni invece
di quella di Fanfani e chissà adesso come
saremmo. Manca una cosa in tutto questo ragionamento,
ed è questo libro. Che come tutti i libri
di questo genere, scritti in questo modo
e su questi argomenti, è importantissimo.
Perché va oltre la cronaca e arriva fino
alla storia, e questo è facile capirlo. Ma
anche perché se diciamo “Wilma Montesi” ad
un passante a caso del tipo di cui sopra,
quello ci risponderà “ma certo, il caso Montesi
”, ma poi, per quanto dotato di buona memoria,
non ci saprà dire molto di più. Certe storie,
per quanto importanti siano, se non continuiamo
a raccontarcele come in questo libro, finisce
che ce le dimentichiamo.
E non deve succedere. Sia per la povera Wilma,
che per la povera Italia.
Carlo Lucarelli – L'UNITA' – 14/01/2005
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