"Compagni di Sangue" di Michele Giuttari e Carlo Lucarelli
Inizialmente pubblicato dalla casa editrice Le Lettere nel 1998 è stato in seguito ristampato dalla
Rizzoli dal 2000 in poi.

Non è vero che un essere come "Hannibal the Cannibal" sia soltanto un personaggio creato dalla fantasia di Thomas Harris: esseri come lui si sono macchiati, sulle colline fiorentine, di ben 16 delitti efferati attribuiti al "Mostro di Firenze"…La realtà supera sempre la fantasia – è stato scritto – e questo libro è la cronaca puntuale ed esemplare di quelle storie di sangue. Ma siamo proprio sicuri che sia tutto finito? Siamo sicuri che la bestia che possedeva i responsabili si sia placata? Siamo certi che altre vittime innocenti – condannate, come le precedenti a un eterno silenzio – non saranno immolate per soddisfare fantasie e desideri inconfessabili e osceni? "Hannibal the Cannibal" si aggira tra noi con il volto insignificante di uomini qualsiasi, che possono tornare a colpire in ogni momento…



ATTENZIONE!
Come avvertono gli autori, i protagonisti di questa storia sono tutti indicati con i loro veri nomi.
Questo libro, lucido e agghiacciante come "A sangue freddo"di Truman Capote, è nato dall’inchiostro di Carlo Lucarelli, con Michele Giuttari, il padre dell’inchiesta bis sul "mostro", che ha condotto le indagini portandole verso la soluzione. Una provincia stupenda e maledetta, l’enigma Pacciani, i "compagni di merenda" e le loro donne, le diverse piste, le perizie psichiatriche, le ammissioni, le confessioni…Una caccia all’uomo serrata nella quale siamo, di volta in volta, preda e inseguitori: "Quando avremo letto le pagine di questo libro sapremo tutto: tranne i pensieri di terrore e orrore che hanno accompagnato gli ultimi istanti di vita delle vittime ."



"Questa è una storia vera, una serie di eventi realmente accaduti e accaduti qui, in Italia e ora. Ma per come sono agghiaccianti e straordinari, questi eventi e questa storia, forse si farebbe prima a credere che siano solo un'invenzione. Che non siano mai accaduti davvero, né ora né qui.
Il racconto di questa storia allucinante inizia ventiquattro anni fa.
Con un'auto ferma in un viottolo sterrato.



La mattina del 15 settembre 1974, a Borgo San Lorenzo, località "Le Fontanine" di Rabatta, su un viottolo sterrato a breve distanza dal fiume Sieve, tra rovi, cipressi e viti, vengono trovati i cadaveri di Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore.
Pasquale aveva 19 anni, abitava a Molin del Piano, una frazione di Pontassieve e lavorava a Firenze alla Fondiaria Assicurazioni, prima come centralinista, poi negli uffici.
Stefania aveva 18 anni, viveva con i genitori a Borgo San Lorenzo e lavorava come segretaria d'azienda presso una ditta di Firenze.
I due si frequentavano da circa due anni e mezzo, da quando si erano conosciuti alla discoteca "La spiaggia" di Vicchio. Dovevano sposarsi anche se negli ultimi mesi il loro rapporto si era un po' incrinato per via di altre relazioni avute da entrambi con diversi partner.
La sera del 14 settembre Pasquale prende l'auto del padre, una Fiat 127, e dopo aver lasciato la sorella Maria Cristina alla discoteca "Teen Club" con l'accordo di passare a riprenderla intorno a mezzanotte, va a prendere Stefania per appartarsi in auto in quella strada sterrata vicino al fiume. Sono le 21 e 15 di una serata piovosa e buia, appena illuminata dalla luna avvolta dalle tenebre. Una sera di novilunio.
La mattina del giorno dopo, un contadino che abita nella zona tra Borgo San Lorenzo e Vicchio, nota la Fiat 127. Si avvicina. Trova Pasquale, seminudo, accasciato al posto di guida e poco distante dall'auto, per terra, la ragazza con le braccia allargate a croce e le gambe divaricate, con un tralcio di vite parzialmente infilato nella vagina.
Quando arrivano, i carabinieri trovano che l'autoradio è ancora accesa, con dentro una cassetta che gira a vuoto. Vicino alla macchina, ci sono gli oggetti che la ragazza aveva in borsa, sparpagliati e gettati a terra. La ragazza, invece, viene trovata nel tardo pomeriggio del 15 settembre in mezzo ad un prato poco distante, in seguito ad una telefonata anonima arrivata ai carabinieri di Borgo San Lorenzo.
In un primo momento si pensa che il decesso di entrambe le vittime sia stato causato da colpi inferti con arma bianca. Si pensa che i due ragazzi siano stati massacrati a coltellate, ma subito dopo, in sede d'esame autoptico, si accerta che sono stati colpiti da due diversi strumenti lesivi: proiettili di pistola calibro 22 Long Rifle e arma bianca, presumibilmente coltello.
Pasquale è stato raggiunto da almeno cinque colpi di pistola, che ne hanno causato il decesso immediato, e il suo cadavere presenta anche alcune coltellate inferte con arma bianca e a morte avvenuta.
Stefania, invece, è stata raggiunta da quattro colpi di pistola al braccio destro, che l'hanno solamente ferita: è stata poi uccisa e brutalmente crivellata con arma bianca. Sul suo corpo si possono contare ben 96 ferite specifiche, alcune inferte in vita, la maggior parte dopo la morte, sparse per tutto il tronco, ma raggruppate a livello addominale nella regione pubica.
Come segno di odio o di sfregio o di qualcos'altro, inoltre, il cadavere presenta un tralcio di vite infilato nella vagina.
Il giorno successivo, il 16 settembre, viene compiuto un sopralluogo più accurato. Vengono rinvenuti, nascosti in mezzo all'erba e a breve distanza l'uno dall'altro, cinque bossoli per pistola calibro 22 Long Rifle. Non vengono trovati, invece, gli altri tre bossoli esplosi.