Chi ha ucciso Lucarelli?
Romanzo Totale organizzato da Officine Wort e Carlo Lucarelli.net in collaborazione con Bacchilega Editore
Capitolo 08 di Alessandro Marchi
Laura richiama dalla lista delle telefonate
recenti il numero del maresciallo Ricchiuti,
ma attende ancora un attimo prima di premere
il tasto verde. Non può farsi trovare così,
nuda e bagnata. È l'intuito di donna a parlare.
Scivola fuori dalla vasca, felpata come un
gatto, per andarsi ad avvolgere nell'accappatoio,
giusto dietro la porta. Riflettendoci, la
posizione potrebbe essere favorevole per
sorprendere l'intruso. Si asciuga piano,
con l'orecchio teso. Chiunque sia entrato
non pare particolarmente attento a fare silenzio:
Laura sente il rumore di un mazzo di chiavi
sbattere. Poi un rumore sordo, e più nulla.
L'investigatrice che è in lei vorrebbe capire
tutto e subito, la giornalista invece si
rammarica di non avere una telecamera a disposizione.
Le sarebbe andato bene persino il cameraman
muto! La cronista si infila la tuta: è pronta
all'azione. O quasi, se solo fosse in grado
di prendere una decisione rapida. È preferibile
uscire e sorprendere l'intruso o aspettarlo
al varco? No, il bagno è cieco, e senza finestra
Laura rischierebbe di ritrovarsi come un
topo in gabbia. Meglio tentare l'effetto
sorpresa, e coglierlo alle spalle. Ma prima
ci vuole uno strumento contundente, qualcosa
che possa assomigliare ad un'arma. Il phon,
in effetti, assomiglia ad una grossa pistola.
Ma non spara. Scartato. Lo scopino da water
sembra una piccola mazza chiodata, ma potrebbe
offendere solo l'olfatto e il senso dell'igiene
del ladro. Scartato. La cosa più minacciosa
è l'acido muriatico. Si figura già i titoli
sul Carlino del giorno dopo "Ladro fa
irruzione in casa: ha la faccia sciolta".
Così Laura afferra il flacone. Ma la mano,
sulla maniglia, non è ancora pronta a girarla.
Un respirone forte, un secondo. Un terzo,
e via!
Spalanca la porta:
"Fermo o sei fottuto!"
...
"Mamma?!?! Che cazzo ci fai qui???"
— non può fare a meno di portare una mano
alla bocca, a correggere quella parolaccia.
La mamma è sempre la mamma, per lei sei ancora
una bambina.
"Oddio cara, mi hai fatto prendere un
accidenti! Ma cosa ci fai conciata così?"
— dice la madre riferendosi ai capelli mezzi
bagnati, e alla felpa infilata all'incontrario.
Probabilmente anche alla bottiglia di acido
muriatico che Laura continua a stringere.
"Mamma" — riprende Laura, già spazientita
— "non mi hai risposto: perché sei qui?"
"Cara, forse una madre non può nutrire
il sano desiderio di vedere la propria figlia
prediletta quando il suo cuore glielo chieda
con tanto ardore?"
"Mamma, sei ubriaca? Perché parli così?
Comunque, lasciamo perdere" — dice la
cronista, chiudendosi i capelli a crocchio
— "Prima di tutto non sono la tua figlia
'prediletta', ma l'unica. Inoltre, non credere
che non lo sappia, il tuo cuore non ti dice
mai di vedermi, al massimo il tuo senso di
colpa. Terzo... Non puoi entrare in casa
mia quando ti pare e piace, senza avvertire!
E se fossi stata con un uomo?"
L'espressione della madre commenta, senza
bisogno di aggiungere nulla, la remota possibilità.
"Sentiamo un po'. Veramente, cosa sei
venuta a fare?"
"Ma tesoro mio..." — non fa in
tempo a proseguire che Laura la interrompe.
"Mamma dacci un taglio col cinema: cos'hai
combinato, stavolta?"
**
Quando Grazia Negro riaggancia il telefono
tiene la mano poggiata sulla cornetta ancora
qualche secondo, immobile, pensierosa. Quasi
sorpresa, si direbbe, incredula più che preoccupata.
Gli altri uomini nella stanza, invece, hanno
la bocca semichiusa e gli occhi fissi su
di lei. Gargiulo freme, ma sa che non può
essere il primo a chiedere qualcosa. Coliandro
sta per sbottare, ma viene anticipato da
De Luca, che ha l'autorità giusta per chiedere
un resoconto dettagliato.
"Ispettore Negro" — usa il cognome
per conferire alla sua richiesta una certa
marzialità — "ci relazioni immediatamente
della conversazione avuta ora."
Coliandro guarda il Commissario con una punta
di ammirazione: nemmeno lui avrebbe saputo
chiederlo con tanta fermezza.
La Negro sembra risvegliarsi.
"Hanno detto di essere gli Autori"
— sussurra Grazia.
"Cosa?" — alza la voce Coliandro
— "non ho capito una minchia."
"Ho detto che si sono presentati come
gli Autori... di tutto questo."
I quattro si guardano a vicenda, smarriti.
"Non capisco" — azzarda Gargiulo
— "Tutto questo... Cosa?"
"L'omicidio."
"Cioè, avevamo l'assassino in linea?"
"Pare di sì" — risponde Grazia
— "ma non sembrava affatto avere fretta
di riattaccare. Non ho avvertito il timore
di essere intercettato."
**
"Ahahah! Oh mio Dio, quanto mi fanno
ridere quei poveretti! Sentili, come si affannano...
Certo che non abbiamo paura di essere intercettati,
noi non saremo mai intercettati..."
"Sei terribile Roberto, davvero. Cazzo,
sembra che tu faccia tutto questo per divertirti...
Tipo esperimento con le cavie."
"Beh, in fondo hai ragione. Lo faccio
prima di tutto per quello. Io non posso andare
più su di così: qui sei tu a guadagnarci,
caro. Lasciami almeno il divertimento. In
fondo mi basta una microspia là dentro per
ringiovanire di dieci anni..."
L'altro alza le mani:
"E io te lo lascio il divertimento,
ci mancherebbe. Ma non credi di esagerare?
Anche la telefonata..."
Roberto Alfano fa spallucce. Si alza e scosta
un po' la tenda, pesante, che oscura completamente
la stanza. Apre solo un piccolissimo spiraglio.
Guarda dall'altra parte della strada.
"Peccato" — dice — "anche
loro hanno le tende tirate. Non vedo niente."
Si gira, con un ghigno obliquo che sa di
follia.
"Mi sarebbe piaciuto vederli agitarsi.
Vedere De Luca lisciarsi compulsivamente
il risvolto della giacca. Vedere la Negro
giocare con la collana e sbottonarsi il collo
della camicetta, oppure Coliandro battere
i pugni sul tavolo."
**
Ed effettivamente l'ispettore sta battendo
i pugni sul tavolo. Un pugno, almeno. Nell'altro
stringe il telefono.
"Cazzo! Porca puttana! Siete rincoglioniti?
Cosa vuol dire che non siete riusciti ad
intercettare la chiamata? Siamo stati al
telefono una vita, porca troia! No, no,...
No non me ne frega un cazzo se era criptato!
Siete degli imbecilli!"
Il telefono vola contro la parete, con un
fracasso incredibile. Ma nessuno ha un sussulto,
se l'aspettavano tutti. Era solo la logica
conclusione dello sfogo di Coliandro.
"Bene, adesso che hai fatto il tuo numero,
puoi contribuire al nostro ragionamento?"
— lo fredda De Luca.
Per tutta risposta l'ispettore si accende
una sigaretta e pianta i talloni sul tavolo.
"In questo momento abbiamo un piccolo
vantaggio su tutti. Il manoscritto"
— dice Grazia Negro — "credo sia il
punto dal quale ripartire. Il manoscritto
e la telefonata."
"Va bene Negro, ripeticelo ancora una
volta. Come ha detto esattamente la voce
al telefono?"
"Ha detto: 'potete essere vicini ad
un colpevole, se volete. Ma dovete scegliere
voi'. Così ha detto."
De Luca si limita a mugugnare, Coliandro
a passarsi la mano sulla barba pungente.
Gargiulo ha nella testa una confusione assurda.
Si guarda attorno, smarrito, cercando qualcuno
che indichi una via. Una qualunque, a lui
sta bene.
"Con la morte del medico legale e del
suo assistente" — ragiona De Luca —
"ci rimane solo il loro referto. Oppure
potremmo far fare una nuova perizia."
"Domani non c'è la camera ardente?"
"Faremmo in tempo."
"Non so. Prendiamo per buono quello
che ci ha detto il Capo. Da qualche parte
bisogna cominciare. La telefonata anonima
lo ha informato che per l'omicidio di Lucarelli
sia stata usata la tetradotossina. Secondo
me, è plausibile. Questo spiegherebbe l'omicidio
di Gocciadoro. Magari sapeva qualcosa"
— dice Grazia Negro — "e gli hanno voluto
tappare la bocca. Che ne pensate?"
"Ma lui che ne poteva sapere, se il
referto l'ha fatto il medico legale?"
"Cosa vuoi dire Coliandro?"
"Che l'ordine delle cose dice che avrebbe
dovuto morire prima il medico legale, e poi
il ragazzo."
"Ma infatti è stato così..." —
interrompe Gargiulo.
"Gargiulo, non perdi mai occasione per
tacere? Il medico legale è morto per cause
naturali, sveglia!"
"E se non fosse così?" — ipotizza
De Luca — "Se fosse un omicidio abilmente
mascherato?"
Gargiulo ringrazia con lo sguardo il Commissario,
soppesando la sua ipotesi.
"Potrebbe essere. Sarebbe il secondo
della faccenda, tanto per rendere facili
le cose."
**
"Non avremmo dovuto far fuori il ragazzo."
"Sapeva troppo. E poi aveva alzato il
prezzo."
"Alzato il prezzo... Roberto, ci chiedeva
una cifra ridicola, un rimborso spese. Ci
potevamo stare, li abbiamo i soldi, lo sai.
E ancora di più ne avremo. A lui interessava
solo la promozione. E poi ci ha fatto un
bel lavoro col medico... No?"
"Sì certo, ha fatto un bel lavoro. Però
sai come funziona... Se gli dai un dito si
prendono il braccio, questi ricattatori da
quattro soldi. Sinceramente non mi andava
l'idea che un bambino come quello mi tenesse
per le palle. E poi mi sono divertito"
— dice Alfano, piantando i suoi occhi freddi
in quelli dell'altro uomo, che ha la pelata
imperlata di gocce.
"Che c'è adesso Carlo, hai paura?"
— insiste Alfano — "Non ti ricordi?
L'idea l'hai avuta tu, pensavi fosse un gioco?
Pensavi di poterti fermare quando volevi
tu, come nei tuoi libretti? Sei venuto tu
a dirmi che eri stanco di dover fare un milione
di cose per campare. Che non ne volevi sapere
di quelle tristissime presentazioni di libri
davanti a quattro gatti, di dover scrivere
migliaia di pagine all'anno per guadagnare
quanto un rappresentante di lampadari. Ti
sei forse scordato di come è nata questa
storia?"
No, Carlo Lucarelli non poteva dimenticare
quel giorno. Quello in cui aveva deciso di
diventare davvero famoso. Quello nel quale
aveva scelto di morire per diventare immortale.
Voleva godersi, da vivo, la fama che si concede
a quegli artisti che non sono più fra noi,
e che per questo sembrano diventare automaticamente
infallibili. Ora come ora, amava raccontarsi
questa storia. Quella romantica, dello scrittore
a caccia di gloria. Ma dentro di sé sapeva
perfettamente che la molla iniziale erano
stati i soldi. Il denaro, il vecchio, caro,
vile denaro. Gli era capitato di leggere
in un articolo che — in media — un autore
vendesse, dopo la morte, un numero di copie
anche cento volte superiore a quando era
in vita. Guadagnare cento volte tanto! Voleva
emigrare, andarsene via con la sua donna,
cittadina americana, magari in Argentina,
o in qualche posto dell'Africa. Non ne poteva
più dell'Italia. Dei casi giudiziari mai
risolti, delle risse politiche, degli anni
di piombo da raccontare in tutte le salse,
di quel che trasmetteva la sera la tv e persino,
sì, persino dei cibi congelati. Ormai per
lui esisteva solo il cibo giapponese, da
quando l'aveva scoperto. S'era appassionato
a tal punto da fare del pesce un veicolo
per entrare nella cultura del Sol Levante:
odiava chi parlava a vanvera di 'sushi',
per intendere il pesce crudo: quello si chiama
'sashimi'. Il 'sushi', in Giappone, è — genericamente
— un piatto a base di riso al vapore. Per
uno scrittore, le parole sono importanti.
Documentandosi, Lucarelli scoprì la forza
letale del veleno del Fugu, il pesce palla.
Non riuscì a trovare la quadratura del cerchio
sino a quando non incontrò Mario Doppio ad
una presentazione. Era un suo fan, Mario.
Anche troppo. Tanto da lavorare su una sorprendente
somiglianza estetica con Lucarelli sino a
diventarne la copia, quasi identica. Quando
se lo trovò davanti, con alcune copie di
I veleni del crimine da firmare, i pezzi
del puzzle si ricomposero velocemente nella
testa dell'autore. Non fu difficile dosare
quel giusto distacco che una star deve avere
e al contempo un po' di interesse per i vaneggiamenti
di Mario, che sognava uno show a due col
suo idolo letterario. Non fu difficile nemmeno
fargli prendere la giusta confidenza con
la casa di Carlo, e con le cene a base di
Quattro Salti in Padella.
"No Roberto, non l'ho dimenticato."
Ma il Procuratore Capo non sembra già più
ascoltarlo. Rivolge la sua attenzione alle
voci che vengono dal trasmettitore.
"Sembrano persi, poveracci. Ma se non
gli serviamo su un piatto d'argento un assassino
io non ci faccio una gran figura. Ci sei
Carlo? Mi ascolti?"
"Io ti ascolto. Sei tu che non mi ascolti.
Non sono ancora riuscito a capire davvero
come mai hai accettato la mia proposta."
"Te l'ho già detto Carlo. Sono vecchio.
Annoiato. Ho fatto la carriera che volevo.
Ho soldi abbastanza per morire in pace. Ho
scopato tutte le donne che avrei potuto,
l'ultima stamattina. Ha cinquant'anni meno
di me, ad occhio. Cosa posso volere? Divertirmi..."
"Giocare a fare Dio."
Ah, come parlano questi scrittori. Condensano
tutto in una frase.
"Carlo, Carlo, come sei duro... Io ti
ho solo aiutato caro mio. Tu avevi un problema,
e un'idea per risolverlo. Io ti ho solo aiutato
a realizzarla. Ma era nella tua idea che
si prevedeva di uccidere qualche persona..."
Messa così, la cosa non piaceva affatto all'autore.
"Non 'qualche persona', ma una sola!"
Debole difesa. Il Procuratore scacciò quell'affermazione
con un gesto vago della mano nell'aria, come
fosse una mosca fastidiosa.
"Piuttosto, raccontami un po' della
scena del delitto. M'è dispiaciuto perdermela,
nei rapporti di polizia che ho letto ne esce
così fredda..."
"Mi fai paura quando fai così."
"Non essere sciocco. Avanti."
Lucarelli ha bisogno di sfogarsi. Anche se
sa che non servirà a molto. Il gioco si sta
facendo troppo grande per lui. I morti, gli
omicidi, il sangue... Tutto facile nei libri,
ma la realtà è un'altra cosa.
"L'ho invitato a cena, come spesso accadeva.
In questi mesi ho cercato di costruire un
rapporto per cui fosse facile, per lui, fidarsi
di me. Non è stato poi troppo complicato:
quel poveraccio non aveva nessuno, era solo
come un cane. Ogni volta accettava con entusiasmo,
e mangiava come un porco. Quasi più di me.
Ci siamo scaldati sei porzioni di lasagne
congelate. Le sue le ho condite con il veleno
del Fugu, è stato facile. Avevo calcolato
il tempo perché facesse effetto, e mi sono
alzato da tavola. Non volevo assistere alla
scena. Sono tornato che era già riverso sulla
sedia. Gli ho infilato le mie pantofole,
ho ritirato il mio piatto e l'ho lavato.
Così come il mio bicchiere e le posate. Insomma,
sembrava una cena da single disperato perfetta."
"Bravo Carlo" — si complimenta
Alfano, offrendogli una sigaretta.
"No grazie, non fumo."
"Ah già. Ma allora vedi che la fantasia
non ti manca? Questa storia avrebbe potuto
diventare un bellissimo libro!" — sghignazza
sadicamente il Procuratore.
A Lucarelli è persino passata la voglia di
mangiare. Quell'uomo gli sta sfuggendo di
mano. S'è preso la sua idea criminale e l'ha
ingigantita. Doveva essere una sostituzione
di persona. Un morto. Nessun colpevole. E
lui e la sua donna in un paradiso terrestre,
ad intascare i diritti di autore per tutte
le ristampe dei vecchi libri, o di qualche
'inedito' spuntato per caso. Invece Alfano
aveva voluto stare dalla parte dei bottoni.
E offrire una promozione a Gelsomino Gocciadoro
in cambio di una sostituzione del referto
legale. Se si fosse reso necessario uccidere
il medico legale, al ragazzo sarebbero andati
anche un bel po' di soldi (di Lucarelli,
ovvio). Il tecnico di laboratorio non si
è certo fatto pregare, preferendo le soluzioni
drastiche. Salvo poi eccedere nelle richieste.
E allora, morto pure lui. E così già tre
persone avevano pagato con la vita l'avidità
e l'ambizione di Lucarelli.
Però cazzo, lui non aveva più uno straccio
di spunto: nel giro di pochi anni si sarebbe
ritrovato a fare lezioni ad aspiranti scrittori
per campare. Persino l'idea del manoscritto
'finale' e della frase I PERSONAGGI NON SOPRAVVIVERANNO
ALL'AUTORE gli era stata suggerita dallo
stesso Procuratore Alfano. Fare un po' di
casino sui giornali servirà a far crescere
la tua fama, gli aveva detto, e vedrai che
quei coglioni dei vari De Luca, Coliandro,
Negro e chissà chi altri si scanneranno per
trovare una soluzione per salvarsi il culo.
Riempi quelle pagine di cazzate, tanto quelli
non sanno distinguere una poesia di Quasimodo
da una lista della spesa. E così Lucarelli
aveva fatto. E aveva perfettamente funzionato,
stando all'agitazione creata nei media di
comunicazione e fra le forze di polizia.
Lucarelli pensa tutto questo in un attimo,
mentre Roberto sbircia ancora una volta attraverso
la finestra, da un pertugio nella tenda,
alzando un po' il volume del trasmettitore.
"Sembra che laggiù brancolino nel buio.
Forse gliel'abbiamo messa un po' difficile.
Cosa dici?"
Lo scrittore non ha voglia di rispondere.
Ha persino un po' di paura di dove possa
arrivare quell'uomo.
"Io avevo esagerato appositamente col
veleno del Fugu, lasciando che lo trovassero
nelle lasagne, per creare il caso mediatico,
proprio come avevi suggerito tu... Ma non
pensavo si sarebbero scaldati tanto per un
parolaio come me."
"Carlo, Carlo, non fare il modesto.
In fondo eri abbastanza conosciuto, con tutta
quella tv che hai fatto. Non certo per i
libri" — non si nasconde nell'ipocrisia
il Procuratore — "Ma ora sarai famosissimo.
Da un paio di giorni non si parla che di
questo misterioso omicidio. E adesso che
usciranno anche la morte del medico legale
e del ragazzo... Beh... Se ne parlerà per
mesi. Posso già vedere il plastico del tuo
appartamento nello studio di Bruno Vespa.
Sei a posto."
"Ma... Come fai ad essere così tranquillo?
La situazione ci sta sfuggendo di mano."
"Cazzo Carlo, mi deludi. Sembravi così
granitico nel tuo piano. E adesso?"
"Adesso non è più il mio piano! Abbiamo
alle costole Polizia e Carabinieri — perché
non dobbiamo dimenticare Ricchiuti — e ci
sono già tre cadaveri in ballo" — dice,
sudando copiosamente, Lucarelli.
"Stai calmo, sereno. Chi è il Capo di
quei quattro scappati? Sono io. Quindi, non
li abbiamo affatto alle calcagna. Li mando
dove mi pare. Io ho detto loro della tetradotossina.
Ora potrei suggerire loro di rivolgere le
proprie attenzioni al Gocciadoro come omicida
del medico legale, per esempio. Qualcosa
inventerò. Mi sto divertendo troppo..."
Forse a Roberto Alfano non sarà richiesto
inventare nulla.
**
Nel bugigattolo della Questura, ormai, c'è
la nebbia. Fitta, padana.
I quattro stanno analizzando tutte le foto
della scena del delitto. Ripassando i rapporti,
confrontando opinioni e avanzando le ipotesi
più disparate.
Il Commissario sta soppesando da parecchi
minuti alcuni scatti che ritraggono la cucina
e il tavolo da pranzo. Grazia Negro ha ormai
la camicetta sbottonata in maniera oscena,
ma non ci fa caso nessuno. Continua a rileggere
i rapporti e i propri appunti, ma senza cavarne
un ragno dal buco. Anche Gargiulo finge di
leggere, ma ormai ha staccato il cervello
da ore. Vorrebbe essere ovunque, ma non in
quella situazione. Coliandro, invece, non
dissimula affatto. Ha fame, e basta.
"Ci ordiniamo una pizza?"
Nessuna risposta.
"Un kebab? Dai su, che se ne chiedo
uno solo non me lo portano nemmeno in ufficio...
Chi ci sta?"
La Negro si degna di rispondergli.
"Fanno insalate?"
"Insalate? Se le patatine fritte possono
essere considerate insalata, allora le fanno."
"Va bene Coliandro, pazienza. Ordinami
un kebab con patatine. Ma mi raccomando,
che ti portino un mare di tovagliolini, che
la carta in cui ti mettono il kebab è una
velina che si rompe subito..."
"Va bene Graz..."
"Ripeti che cos'hai detto Grazia?!"
— interrompe a voce alta De Luca, risvegliandosi
dal torpore e svegliando col suo vocione
anche Gargiulo.
Negro si scambia un'occhiata interrogativa
con Coliandro, prima di rispondere.
"... Che vorrei un kebab e delle patatine..."
"No, no, dopo..."
"I tovagliolini. Sennò mi sporco. Il
kebab te lo servono dentro un incartamento
così sottile..."
De Luca si dà una botta sulla fronte.
"La carta, ma certo!" — dice sventolando
una foto, con un sorriso soddisfatto in faccia.