"Almost Blue - Quasi Blu " è il film che Alex Infascelli ha girato partendo dalla storia raccontata da Carlo Lucarelli nel suo romanzo.
il sito del film è www.almostblue.it
se vuoi sentire un assaggio della musica di Almost Blue suonata da Chet Baker clicca qui
e per sentire la versione suonata da Elvis Costello clicca qui per la versione cantata qui
Sono diponibili le versioni in vhs e dvd.




intervista di Dean Buletti a Carlo Lucarelli apparsa su cinemazip (in rete)

Ragazzone timido, giallista romagnolo frequentatore di qualità del teleschermo notturno oltre che della questura della sua Bologna, Carlo Lucarelli è ormai uno scrittore affermato. Oltre che da Almost Blue è stato tratto un film anche da Lupo Mannaro, di prossima uscita.

Non hai partecipato alla sceneggiatura del film, eppure ci sei anche tu, all’anteprima di "Almost blue" di Alex Infascelli. E’ la prima volta che vedi il film?
Sì, giuro. E devo proprio dire che mi è piaciuto molto. Io non ho partecipato semplicemente perché non è accaduto, non perché abbia voluto tenermene fuori o cose del genere. Quando Alex comprò i diritti del libro, mi raggiunse 48 ore dopo in Sardegna, chiacchierammo parecchio, poi lui si è messo al lavoro in autonomia, com’era sacrosanto.

E come è sacrosanto che lui abbia dato un’interpretazione del tuo libro magari diversa dalla tua...

Naturalmente: ogni lettore ha il diritto di proiettarsi in mente il proprio film, quando legge un libro. Quando è un regista, ovvero un altro autore, a farlo è sacrosanto che lo faccia in modo personale.

Riscontri grandi differenze col film che ti eri proiettato in mente tu mentre scrivevi?

Non moltissime: davvero m’è piaciuto molto, e mi ha fatto anche paura. Ha ovviamente sottolineato certi aspetti più di altri (magari meno letterari): certe scene sono più visionarie e violente di quanto non fossi riuscito io stesso a renderle! Ma nel complesso mi ci ritrovo.

Per esempio il riferimento a Luther Blissett è maggiore...

Beh nel libro c’era già, anche se era una riga sola: sai, vivendo a Bologna era quasi “inevitabile”. Come del resto raccontare cose della città che conosco e ho visto io...

Abbastanza diverse da quelle che mostra Infascelli, invero...

Beh, dei 200.000 studenti che la vivono, ognuno avrà un’immagine diversa, e questo è il suo bello: ho ambientato molte delle mie storie a Bologna proprio per questo. Per esempio io ho studiato lì ma vivevo a Faenza: quindi di quegli anni ricordo solo la stazione, il viale che porta all’Università, l’Università e basta.

Per "Lupo Mannaro" la tua partecipazione alla sceneggiatura invece è stata piena: quali sono secondo te le principali differenze tra questa trasposizione di un libro e l’altra?

Lì le atmosfere sono più cupe, più noir: siamo sicuramente più dalle parti del film di genere... ma sono molto contento di entrambi: anche del fatto che la Grazia Negro di Lorenza Indovina sia diversa dalla Grazia Negro di Maya Sansa... ognuna aggiunge una lettura alla mia Grazia Negro.

Di bolognese potrebbe sembrare che ci sia poco, nel film di Infascelli, o no?

No. Per esempio l’accento bolognese nel film non si sente, ma anche in città, dove ci sono tantissimi studenti di tutta Italia si sente raramente. Nella polizia, poi, in particolare: lì usano tutti una specie di “poliziottesco” - una lingua franca che capiscono tutti i poliziotti, sia quelli nati a Bologna sia quelli delle regioni più lontane: per esempio dicono tutti “minchia”, e non “socmel”!

Tutto sommato quindi ti senti un autore contento, soddisfatto di come vieni trattato dal cinema?

Decisamente sì, e devo ringraziare tutti. Anche voi, perché al cinema di lunedì mattina non ci andavo più da quando avevo dieci anni e andammo con la scuola a veder un film sulla Resistenza!

Un thriller pensato e realizzato in Italia. Dal libro di Carlo Lucarelli, Alex Infascelli ha realizzato il suo primo lungometraggio per Vittorio Cecchi Gori, con Lorenza Indovina, Andrea Di Stefano, Rolando Ravello e Claudio Santamaria.
La storia è ambientata a Bologna: un serial killer si aggira per la città, muta continuamente volto e identità, e una giovane ispettrice gli da la caccia e affidandosi ad un ragazzo cieco, Simone, che riconosce l’omicida dalla voce. Simone ogni sera mette sul piatto il suo pezzo preferito, Almost Blue (la versione di Chet Baker nel libro, quella di Elvis Costello nel film) da cui il titolo, e ascolta le voci della notte, vive in un mondo tutto suo, dove i suoni sono colori, la musica è un arcobaleno.
La colonna sonora è affidata ai Massimo Volume, che hanno improvvisato sulle immagini e hanno fatto anche una loro versione del brano di Costello, dal titolo Quasi blu. Alex Infascelli si è fatto un nome girando videoclip musicali per Daniele Silvestri, Samuele Bersani, Luca Carboni, Ligabue, Niccolò Fabi, Frankie Hi Nrg, Max Gazzè e malgrado la sua esperienza sia ricca soprattutto di clip, non si è sentito intimorito a Cinecittà anche perché "figlio d’arte": suo padre, Roberto Infascelli, è stato un noto produttore degli anni Settanta, così come lo era suo nonno.
Per il suo lungometraggio d'esordio ha scelto un romanzo italiano, raccontato da tre punti di vista: quello dell'Iguana, un assassino che si reincarna nelle sue vittime, quello di Grazia, una giovane detective che gli dà la caccia, usando le tecnologie più sofisticate, aiutata dal terzo protagonista, Simone, il ragazzo cieco che descrive la sua città attraverso le voci che ascolta e ruba con lo scanner.
La sua è una lettura personale del romanzo. L'ha letto una volta sola, e l'ha stravolto insieme a Sergio Donati, con cui ha scritto la sceneggiatura. Volendo trovare riferimenti cinematografici, Alex cita "L'inquilino del terzo piano" di Roman Polanski, ma anche "Profondo rosso" di Dario Argento.

Il titolo del film rimane lo stesso del romanzo, Almost Blue, anche se il regista ci tiene a sottolineare il motivo che gli ha fatto preferire la versione di Elvis Costello (che è anche l'autore del brano che ha ispirato il titolo) a quella suonata dal leggendario trombettista jazz Chet Baker: "Volevo un pezzo interpretato da uno vero, come Costello appunto" conclude Alex. "Non che Chet Baker non lo sia, ma è troppo compiaciuto del suo modo di essere un perdente".



Ho visto "Almost Blue"... .. e devo dire che mi è piaciuto, anzi, mi è piaciuto molto. Tempo fa avevo visto una cassetta molto sporca, quasi senza sonoro e con i colori falsati e mi era piaciuta così così. Il problema era la sceneggiatura e soprattutto la parte thriller: incasinata e troppo piena di cose (credo di essere stato l'unico autore scontento perché il film era troppo uguale al libro). La versione definitiva, invece, è un'altra cosa. Restano alcuni problemi di sceneggiatura, un dialogo un po' telefonato, cose così, ma l'impatto visivo ed emozionale è così forte che gli si perdona il resto. E' uno dei film più duri, visionari e maledetti che abbia mai visto, e in questo esprime in pieno tutta la parte malata e ossessiva che c'è nel mio libro. L'attore che fa l'Iguana è straordinario e ha fatto paura anche a me. Grazia ha tutte le incertezze e la goffaggine del mio personaggio. Simone, anche se è più ridotto rispetto allo spazio che ha nel mio libro, è reso molto bene. Insomma, l'ho visto da spettatore (non ho partecipato a nulla della scrittura del film) e tornerò a vederlo venerdì 17, quando uscirà nelle sale. Non ho ritrovato tutte le cose che c'erano nel mio libro (ed è giusto che sia così, Alex Infascelli, il regista, ha fatto quello che fanno tutti i lettori: impadronirsi di un libro e proiettarsi mentalmente un film che può essere diverso da quello dello scrittore o degli altri lettori), ma ho visto quello che ritengo un bel film, pieno di emozioni e di tensione. Meglio de "I fiumi di porpora". Sono curioso di sentire il vostro parere, quando lo avrete visto.
Carlo Lucarelli



Alcune Recensioni:

il Manifesto (11/14/00)
Mariuccia Ciotta
....Simone (Claudio Santamaria) è cieco e il mondo lo vive attraverso i rumori, le voci che si inseguono lungo le chat, internet, telefonini, sfumature di parole appena catturate che a lui bastano per dare un colore all'anima. Verde come la follia, rosso come la sua ossessione voyeur della vita malgrado la cecità. Blu che è il colore del sentimento, dell'amore, delle voci di qualcuno che potrebbe essergli vicino. Blu o Almost blu come la canzone che era di Chet Baker e che lui sente quando cerca dolcezza con le note graffianti di Elvis Costello. Blu come la voce di Grazia (Lorenza Indovina), ispettrice della scientifica che indaga su un probabile serial killer (Rolando Ravello) senza volto a parte quella tonalità verde che a Simone spacca il cervello.... Almost blue (Quasi blu) è il film d'esordio di Alex Infascelli, musicista, fotografo e molti videoclip (un capolavoro Inno nazionale, quello di Luca Carboni all'Eur a cui sparano da un grattacielo) alle spalle, tutte esperienze che esplodono nel suo cinema trasmettendovi la stessa inquietudine. All'origine c'è Almost blue romanzo di Carlo Lucarelli (Einaudi), folgorante per Alex al punto che, dice, "i diritti li ho comperati venti giorni dopo che l'ho finito". Anche se poi libro e film restano mondi separati, lui lo ha letto una sola volta e lo ha lasciato lì. E' una questione di atmosfere, stile, scrittura, vocabolario, tensione - a Lucarelli il film è piaciuto, "è un po' quello che c'era nella mia testa - dice - Specie le scene dell'iguana". Che è il serial killer, uno che uccide ragazzi, soprattutto studenti, per indossare la loro pelle, il loro essere. "Di fronte a questo mi viene da pensare alla superficialità con cui vediamo le persone - dice Alex Infascelli - Se basta appropriarsi di un vestito per scambiare uno con l'altro". Lo sfondo è Bologna, tutta interni, notturna, con le tonalità della mente più che della cartolina "osteria&tortellino", e il serial killer si muove tra quella "massa di alieni" che sono gli universitari nella percezione più diffusa, ai quali si contrappone la città, i bolognesi doc molto Guazzaloca... Il punto di vista collettivo è anche quello del regista, che nel film si ritaglia il cameo di una delle vittime col nome di Luther Blisset ("il giorno che giravamo la scena è uscita la notizia della morte di Luther Blisset" spiega") , cioè il manifesto della non-identità individuale, specie nella rete, e tra l'altro Alex Infascelli a Bologna ha vissuto due anni frequentando il Dams, cosa che gli dà la leggerezza per sfotterli anche un po' questi studenti quasi da fumetto, un occhio a Pazienza e ai suoi Zanardi, " non in modo cattivo, è come dire 'vi conosco' ma senza prendere in giro" dice. Però tutto questo resta fuoricampo. La "storia" è marginale, perchè Almost blue non vuole essere un film nel genere serial-killer, non almeno negli esempi subito identificabili. I riferimenti (dichiarati) sono altri, Fargo dei fratelli Coen per la giovane ispettrice spesso maldestra, lontana dal prototipo del supereroe. Il giallo all'italiana, un po' commedia coi due poliziotti in dolceamaro (Marco Giallini e Dario D'Ambrosi che sono bravissimi, a prova che il cinema italiano potrebbe avere molte più facce), un po' sceneggiato tv, fino a Dario Argento nell'Uccello delle piume di cristallo, per quella chiave della serialità come ossessione intima più che come rito. "Mi vengono in mente Dov'è Anna? o La scala a chiocciola, le cose che vedevamo da piccoli alla televisione - dice Infascelli - Al genere del 'killer seriale' non ho voluto pensare. Non me lo sono posto come problema esistenziale altrimenti non ne sarei uscito. E neanche come modello narrativo, qui casomai si parla di una patologia particolare, la ritualità del serial killer non è mai in primo piano". Ed è soprattutto nel cinema, nel linguaggio dell'immagine, senso del colore, spazio, luce la sua sfida. E' lì che Infascelli metabolizza il genere, lo tritura e poi lo lascia libero nelle tonalità emozionali dell'occhio, distillando cuore e cervello, gioco cromatico freddo-caldissimo, stridore di morbidezza e spigolosità, in cui le immagini scorrono impastate al suono, alla musica dei massimo volume e di lory d. (più alcune canzoni dello stesso Infascelli). Le sue parole diventano le inquadrature, i movimenti, i corpi, le contrapposizioni, necessità di una nuova generazione nel cinema italiano che sta rompendo la narrazione "scritta" con la materia della visualità - come Infascelli Luca Guadagnino, Beniamino Catena, Walter Fasano, tutti (e non a caso) cresciuti in un progetto di cinema a "campo aperto" in cui videoclip, pubblicità, fotografia, diario intimo, fumetti si fondono senza rotture, un corpo unico da usare e reinventare. E che sfida così lo schermo "ristretto" spalancandolo su altri spazi, invenzioni, gusto del gioco. Il che non nega la struttura narrativa (seppure raccontata diversamente), anzi la sceneggiatura Infascelli l'ha scritta insieme a Sergio Donati (che lavorava con Sergio Leone), più una revisione con Luca Infascelli. "Che ci è servita per asciugarla - spiega Alex - La versione scritta insieme a Donati era molto parlata, io volevo essiccarla, arrivare all'essenziale". Cioè ai mondi incrociati di Grazia, Simone e del serial killer, di cui scopriremo nome, Alessio, e passato. "Però background o flashback non mi interessano. E' uno stato del cinema che non mi appartiene, non so se sarei in grado - dice il regista - Volevo stare nel cinema e per farlo questo film dovevo o domarlo o assecondarlo". Aggiunge: "il centro è l'incontro tra i tre personaggi, e la zona che volevo illuminare è quelle in cui entrano in collisione. Mi affascina la tensione o il calore che si crea quando le persone si sfiorano e creano un contatto". Lui chi preferisce dei tre? "Alessio, è l'unico puro, non ha freni, in qualche modo mi ci identifico. Per questo rispetto alla visione di Lucarelli dove è molto più cattivo, ho voluto conservare un suo lato delicato"....



la Repubblica (11/19/00)
Roberto Nepoti
....Finalmente un thriller italiano teso, coinvolgente, tagliato su misure cinematografiche anziché televisive. Almost Blue è l’adattamento del romanzo omonimo di Carlo Lucarelli, ispirato alla lontana a una serie di delitti (all’epoca goffamente battezzati «i delitti del Dams») che gravitarono diversi anni fa intorno all’ateneo bolognese. A Bologna — una Bologna marginale, fotografata in modo anticonvenzionale e riconoscibile soltanto da una «panoramica» verso la fine — arriva, assieme al suo capo, l’ispettore Grazia Negro (Lorenza Indovina), per indagare su una serie di omicidi rimasti insoluti. Tutte le vittime studiavano all’università e sono state orribilmente massacrate. All’inizio, l’investigatrice esperta di computer si attira i rancori e la diffidenza della polizia locale; in particolare, dei due agenti messi al suo fianco. Quando il serial killer torna a colpire, un ragazzo cieco di nome Simone Martini (come il pittore medievale) capta, in chatline sul suo computer, la conversazione tra il mostro e la ragazza che ucciderà. L’unica possibilità di fermare lo psicopatico, il quale assume via via l’identità dei morti, risiede proprio in Simone, che è in grado di riconoscerne la «voce verde», cattiva e pericolosa. Per il giovane anche la voce di Grazia ha un colore (quella di Greta Garbo non fu forse definita «voce viola»?): quasi blu, come canta Elvis Costello nel celebre brano che dà il titolo alla storia. Nella sua generosa risolutezza, la poliziotta compie un passo falso, causando una nuova vittima e mettendo in pericolo il ragazzo. Anche il superiore di Grazia ci lascia le penne. Figlio e nipote d’arte, formatosi alla scuola dei videoclip, Infascelli mette in scena un film nerissimo, lirico e struggente. Gli ambienti degradati ricordano quelli di «Seven»: più come un’evocazione, però, che come l’ennesima citazione del citatissimo film di David Fincher. Il racconto, che non ha l’andamento del giallo (l’identità dell’omicida è chiara da subito), procede per lampi, per scene chiave punteggiate da dissolvenze in nero. L’effetto è emotivamente forte, a tratti consapevolmente sgradevole per come costruisce il clima macabro e ossessivo con cui avvolge sempre più i personaggi. Si rivela felice anche la scelta registica di far recitare gli attori dando loro soltanto poche informazioni sulle parti. La Indovina, la cui bravura non era in discussione, è decisa e fragile, arrabbiata e smarrita come se stesse vivendo davvero la terribile storia....



La Stampa (11/19/00)
Lietta Tornabuoni
....Un nuovo regista italiano molto interessante: Alex Infascelli, 33 anni, appartenente a una famiglia di cineasti, ex musicista, autore di videoclip musicali. Un primo film molto inconsueto e riuscito, sorprendentemente efficace e originale, «Almost Blue»: il titolo è quello di un bellissimo pezzo di Chet Baker cantato da Elvis Costello, la storia è quella del romanzo di Carlo Lucarelli (editore Einaudi) ma evoca pure crudeltà e ferocia d’altri scrittori neri, a esempio Giorgio Scerbanenco («Milano calibro 12»), Daniele Brolli («Anima nera»). La sorpresa maggiore e più bella è lo stile: quasi sperimentale, intenso, inquieto, frammentato e insieme fluido, mai banale, dotato di energia e forza, della evidenza e corposità del sangue, nutrito di immagini complesse, d’una visione nuova e insieme d’una competenza impeccabile. A Bologna, nell’ambiente degli studenti universitari spesso provenienti da altre città e quindi sradicati, precari, un serial killer compie il suo atroce lavoro di morte: le sue vittime sono tutti studenti universitari, vengono trovate tutti nudi, tutti seviziati e coperti di sangue. Intorno ai delitti indaga una ispettrice di polizia specializzata nell’analisi dei crimini seriali. Il primo a riconoscere la voce del killer («una voce verde») è un ragazzo cieco che vive circondato da apparecchiature elettroniche attraverso le quali ascolta il mondo, dalle radio della polizia alle chat lines alla musica («Almost Blue» è il suo pezzo prediletto), ricco d’autodisprezzo sofferente (le lenti a contatto con cui non vede rappresentano il radioso «sole che ride»). Il killer è un ragazzo, coetaneo degli assassinati: uccide, si denuda, si sporca del sangue degli uccisi, in una sorta di reincarnazione con le vittime, in una ricerca di identità perennemente delusa. Interpreti giusti, dettagli indimenticabili. Il killer che scrive al computer, insanguinando i tasti. Gli eterni lavori in corso alla Questura di Bologna, per una ristrutturazione certo non soltanto edile, comunque mai compiuta. Le urla d’una donna alla scoperta d’un delitto. Le immagini finali, terribili. In questo horror diverso, nulla è manieristico né gratuito: tutto esprime la cupa violenza e il massacro insensato dell’Italia nera....



Il Resto del Carlino (11/19/00)
Paola Cristalli
....Bologna è nera e insanguinata, psicotica e assassina, mostruosa e fredda nelle immagini di Almost blue; è una dark city senza volto e questa non riconoscibilità anonina, angosciosa, riesce a essere intressante nel film d'esordio che Alex Infascelli ha tratto da uno dei migliori, più cupi romanzi del giallista Carlo Lucarelli. Girato (ma forse non poi tanto) in città, Almost blue è un film dove si uccide con violenza cannibale, senza ironia macabra né imperscrutabile gratuità: il delitto ha una sua chiara radice, ed è la follia. A Bologna vengono scannati studenti (di diverse facoltà, ma hanno tutti l'aspetto che il luogo comune attribuisce allo studente Dams, e questa è una delle banalità gravi del film). Si dà la caccia ad un assassino sgusciante, detto Serpente (nel romanzo era l'Iguana) per l'abitudine che ha di cambiar pelle, di sfigurare orribilmente i volti delle sue vittime seviziate e di assumerne poi, provvisoriamente, l'identità. Da Roma arriva una poliziotta insieme trepida e tosta, che persegue l'unica traccia possibile: la voce del killer, la voce falsa e “verde” che solo un giovane cieco ha intercettato, via computer e sofisticati scanner, e che solo lui può riconoscere. Almost blue è un esperimento non disprezzabile, però riuscito a metà: allude e poi giustamente aggira le psicologie, cerca di incendiare le immagini di autonoma suggestione ma l'eco del videoclip prende spesso il sopravvento. Un disagio malato percorre la storia, e i momenti trucidi fanno anche paura; tra aspirazioni al visionario d'autore e concessioni all'estetica stracult, fallisce però l'aggancio dei mondi paralleli, delle ossessioni interiori, quella del ragazzo che non vede e vive in un ipertecnologico buio, quella dell'assassino che non sente perché lo recludono dal mondo le cuffie d'un walkman che spara musica micidiale. E quanto a colonna sonora, più Chet Baker/ Costello e meno Massimo Volume avrebbero offerto miglior contrappunto - lo strazio dell'anima verso lo strazio dei corpi....



Film TV (11/28/00)
Aldo Fittante
....C'è un serial killer che s'aggira anche a Bologna, di quelli strani strani, che uccidono, si spogliano nudi e contemplano i propri crimini ascoltando in cuffia musiche rumorosamente sinistre. Malgrado la ferocia e la quantità di reati reiterati gli danno la caccia in pochi, anche se uno di questi é un ispettore dell'Unità Analisi Crimini Violenti, una specie di superpolizia dove, tra gli altri, comanda un antipaticissimo personaggio che parla come un fumetto senza ironia: aria talmente da duro da ridergli in faccia. Insomma: il primo film ricavalo dalla prolifica verve del romanziere giallo di moda Carlo Lucarelli é più un pilot televisivo che un film da grande schermo: primi piani asfissianti, tensione da prime time, intrecci che si perdono al primo (s)nodo, caratteri tagliati con l'accetta, sfumature assenti, saccheggi indiscriminati a mezzo immaginario collettivo. L'ambizioso Infascelli proviene dalla pubblicità e si vede: gira come se il suo esordio dovesse durare trenta secondi, dirige malissimo gli attori (cade nella trappola anche la brava, intensa e bella Lorenza Indovina) e s'inerpica per strade impervie che, a volte, non riescono a percorrere nemmeno i grandi. Quasi un film....


Ciak (12/1/00)
Valerio Guslandi
....Partendo dallo spunto dell'intrigante thriller di Carlo Lucarelli (194 pagine, edito da Einaudi), Alex Infascelli racconta la storia dell'Iguana, un serial killer che imperversa uccidendo gli studenti di Bologna e assumendone l'identità. Abbandonata la narrazione in soggettiva del romanzo, Infascelli la sostituisce direttamente con la macchina da presa che pedina ossessivamente i suoi protagonisti, immersi sempre in una luce cupa (quasi blu, quasi triste, come suona il titolo), chiusi in ambienti soffocanti e freddi, alla ricerca di identità come l'Iguana. Oltre alla soluzione del caso poliziesco, a Infascelli interessa annotare gli impercettibili spostamenti psicologici dei personaggi, in un film che disturba e attrae nello stesso tempo. Girato con stile sicuro e personale (mutuato dalle esperienze nei videoclip del regista), Almost Blue ha il pregio di ritagliarsi una sua dimensione, non legata soltanto alla realtà cinematografica italiana....




Recensione di Silvia Fumarola (Repubblica, 14/11/2000)

L’Iguana, un killer davvero speciale

Venerdì esce "Almost blue", il film di Alex Infascelli tratto dal romanzo di Carlo Lucarelli. Nel cast Lorenza Indovina

ROMA — Una versione bellissima di "Almost blue" cantata da Elvis Costello, il computer e uno scanner per catturare suoni e voci. Il mondo di Simone, cieco, è chiuso nella mansarda dove ha scelto di isolarsi dal mondo. Fino al giorno in cui in quella stanza non intercetta la voce verde dell’Iguana, il serial killer che cattura su Internet le vittime: tutti studenti. Quando il rettile che immagina di avere sotto la pelle si fa sentire, il bisogno di uccidere diventa urgente: sporco di sangue, nudo, finalmente placato, Iguana assume l’identità della vittima. Alex Infascelli, (dinastia di cineasti e produttori), 33 anni, porta sullo schermo "Almost blue", il romanzo di Carlo Lucarelli. Il film esce venerdì ed è una sorpresa, per l’atmosfera, la scelta stilistica, la forza delle immagini. Folgorato dal libro («Ho comprato i diritti venti giorni dopo averlo letto»), il regista debuttante faceva il musicista e ha firmato videoclip per Frankie Hi Nrg, Silvestri, Carboni dice di aver apprezzato «il lato umano dei personaggi. Il killer ha un aspetto quasi candido, io l’ho raccontato come se fosse un foglio bianco. E poi la grandezza del libro sta nel fatto che non succede quasi nulla perché avviene tutto subito, in maniera chiara e veloce. Ho fatto tanti videoclip, sono arrivato al cinema attraverso la musica e la pittura, Bacon in particolare, è il mio punto di riferimento».
Lorenza Indovina intepreta Grazia Negro, la detective dell’Unità analisi crimini violenti che indaga sul caso, Rolando Ravello è il serial killer, Claudio Santamaria è Simone, il giovane cieco che guida gli ispettori. Nel cast anche Marco Giallini, Andrea Di Stefano, Marco D’Ambrosi, Benedetta Buccellato.
"Almost blue" segue tre angolazioni diverse, quella di killer, investigatori e di Simone. «L’aspetto interessante in questa storia è l’attrito che si crea quando i personaggi si avvicinano l’uno all’altro» spiega il regista «Ho cercato di conservare l’emozione di quando ho letto il libro, le mie prime sensazioni. Il film all’inizio mi sfuggiva di mano, come un cavallo pazzo: l’ho assecondato. Diciamo che è un esperimento con cui sento di rischiare, anche se i veri rischi sono altri: avete presente "Medici senza frontiere"? Io mi sono divertito a girarlo, mi hanno pagato, ma una cosa è vera, non è un film di genere». Non è scontata neanche Grazia Negro, con i suoi capelli in disordine e le scarpe basse, diversa da tutte le ispettrici già viste. «Nessun  paragone con la Clarice Sterling del "Silenzio degli Innocenti» dice Lorenza Indovina «con Alex abbiamo deciso che doveva restare fuori da "Almost blue". Grazia , tra i suoi punti di forza, ha la femminilità. Magari è goffa, è instabile, ma è vera». «Più che al "Silenzio degli innocenti" o a "Seven"» ammette Infascelli « mi è rimasto nel cuore "Fargo" e la sua protagonista». La poliziotta infallibile e incinta, interpretata da Frances McDormand, che per quel ruolo si aggiudicò un Oscar.


Intervista di Silvia Fumarola (Repubblica, 14/11/2000)

"In Italia si può sparire nell’indifferenza"

Lo scrittore applaude il film: un thriller visionario

ROMA — «Il film mi è piaciuto tantissimo e non ho notato grande differenza col libro, è vicino alla parte visionaria del romanzo. E’ riuscito a rappresentare i "colori" delle voci, le scene di violenza fanno davvero paura». Carlo Lucarelli applaude al termine della proiezione di "Almost blue": il giudizio più atteso, ovviamente, era il suo. Autore prediletto dai più giovani, affascinati dalle atmosfere pulp dei suoi romanzi, Lucarelli dice di aver visto il film "da spettatore".
Perché non ha collaborato alla sceneggiatura?
«Non mi hanno telefonato. A parte gli scherzi, non ho avuto alcun contatto col regista e l’ho trovata una scelta giusta. Alex ha fatto quello che fanno tutti i lettori: ha indossato il libro, l’ha fatto suo».
Bologna nel film non è così caratterizzata.
«E’ quella che ho conosciuto studiando all’università, abitavo a Faenza, e facevo avanti e indietro. In realtà la città da cartolina non esiste perché i ragazzi, che arrivano da tutta Italia, abitano lontano dal centro in appartamenti subaffittati. Lo stesso vale per i poliziotti, che parlano il "poliziettesco", una lingua tutta loro, infatti anche un poliziotto nato a Bologna usa le stesse espressioni di un siciliano».
Lei ha scelto di parlare dell’Italia attraverso i gialli.
«Trovo che il giallo sia un ottimo strumento per raccontare le città. Abbiamo bisogno di sentirci spiegare la realtà in cui viviamo. Il mio modello è Giorgio Scerbanenco, ma trovo che anche Dürrenmatt e Dostoevskij siano grandi scrittori di gialli. La via italiana al giallo è scrivere di cose reali senza stereotipi, che abbiano un’incidenza nella nostra vita reale e nella politica. Nel noir c’è sempre critica sociale».
Cosa c’è di politico in "Almost blue"?
«La denuncia dell’indifferenza. La mia storia è ambientata a Bologna, ma è poco importante, quello che racconto potrebbe accadere in un’altra città qualsiasi. In Italia le persone possono sparire, essere uccise, senza che nessuno se ne accorga».
Un altro suo libro, "Lupo mannaro" è diventato un film diretto da Antonio Tibaldi.
«Sì, e in quel caso ho collaborato alla sceneggiatura. E’ la storia di un poliziotto che non può arrestare il suo assassino: sa , "sente" che è lui, ma non riesce a incastrarlo. Rispetto al romanzo, del ’93, c’è una maggiore analisi psicologica dei personaggi. Se lo dovessi ripubblicare lo integrerei con quello che è stato aggiunto nella sceneggiatura».
A cosa sta lavorando adesso?
«Sta uscendo il mio nuovo libro, "Un giorno dopo l’altro", che è il seguito di "Almost blue", ha la stessa struttura. Si dà la caccia a un killer che attrae le proprie vittime attraverso Internet. Il titolo è tratto da una canzone di Luigi Tenco, come l’altro era un omaggio a Chet Baker: due dei brani più tristi che abbia mai sentito».


Articolo di Rita Celi (Musica!, supplemento di Repubblica, 18/5/2000)

Alex e l’assassino - sul set di "Almost Blue"

Dai videoclip al cinema: Infascelli gira a Cinecittà il suo primo film, dal romanzo di Lucarelli

La stanza è piccola, e la scrivania è un incastro tecnologico. Computer, tastiere, casse, scanner, impianti stereo e di varia utilità sono accatastati intorno alla sedia dove passa le sue giornate Simone. Da una finestra arriva la luce del sole, ma serve poco al solitario ragazzo, impegnatissimo a intercettare le voci che arrivano da un monitor con un piccolo altoparlante. Simone è cieco e vive in un mondo tutto suo, dove i suoni sono colori, la musica è un arcobaleno. Un mondo in miniatura, ricostruito in ogni dettaglio all'interno del Teatro 13 a Cinecittà. La sedia del regista è occupata da Alex Infascelli, impegnato a dare indicazioni agli operatori e ai tecnici, mentre Simone (Claudio Santamaria) sbadiglia, sciogliendosi sotto il calore dei riflettori. Arriva finalmente il ciak, si gira: il silenzio scende e assorbe la scena, Simone-Claudio ripete la frase così come gli ha appena spiegato il giovane regista.
Sono gli ultimi giorni di riprese a Roma, dopo gli esterni girati a Bologna, del primo lungometraggio di Alex Infascelli, Almost Blue, prodotto e distribuito da Vittorio Cecchi Gori, la cui uscita è prevista in autunno. Interpreti, oltre Santamaria, Lorenza Indovina, Andrea Di Stefano, Dario D'Ambrosi, Marco Giallini, Rolando Ravello. Il titolo del film è rimasto uguale al romanzo di Carlo Lucarelli da cui è tratto. Un thriller ambientato a Bologna in cui un killer psicopatico massacra studenti universitari fuori sede. Sulle sue tracce una poliziotta che si avvale dell'aiuto del ragazzo cieco. Simone ogni sera mette sul piatto il suo pezzo preferito, Almost Blue (la versione di Chet Baker nel libro, quella di Elvis Costello nel film) da cui il titolo, e ascolta le voci della notte.
La colonna sonora è affidata ai Massimo Volume, che improvviseranno sulle immagini e faranno anche una loro versione del brano di Costello, dal titolo Quasi blu. "Io farò da direttore d'orchestra- precisa Alex Infascelli, che si è fatto un nome girando videoclip (tra gli altri, per Daniele Silvestri, Samuele Bersani, Luca Carboni, Ligabue, Niccolò Fabi, Frankie Hi Nrg, Max Gazzè).
Malgrado la sua esperienza sia ricca soprattutto di video musicali, non si sente intimorito a Cinecittà. Alex è cresciuto nel mondo del cinema: suo padre, Roberto Infascelli, è stato un noto produttore degli anni Settanta ('Febbre da cavallo' solo per citare un titolo), così come lo era suo nonno, tramandando la passione per il grande schermo a tutta la famiglia. Finora il giovane Infascelli si è cimentato solo con cortometraggi, non solo musicali, con cui ha partecipato al film collettivo DeGenerazione. Per il suo lungometraggio d'esordio ha invece scelto un romanzo italiano, raccontato da tre punti di vista: quello dell'Iguana, un assassino che si reincarna nelle sue vittime, quello di Grazia, una giovane detective che gli dà la caccia, usando le tecnologie più sofisticate, aiutata dal terzo protagonista, Simone, il ragazzo cieco che descrive la sua città attraverso le voci che ascolta e ruba con lo scanner.
Conoscendo dalle pagine di Lucarelli le modalità con cui l'Iguana uccide, sarebbe facile aspettarsi uno splatter, di quelli con il sangue che schizza da tutte le parti. "Il sangue c'è" racconta Alex "ma niente a che vedere con quello che si racconta nel libro. Del resto la mia è una lettura personale del romanzo. L'ho letto una volta sola, e l'ho stravolto insieme a Sergio Donati, con cui ho scritto la sceneggiatura. La storia coincide, ma ho preferito soffermarmi sui meccanismi che spingono i personaggi a comportarsi in un certo modo, senza l'ironia tipica dello splatter". Per avere un’idea più precisa, Infascelli pensa di più ai thriller dell'ultima generazione, che si concentrano volutamente sui personaggi, sulle loro azioni e sulle persone che li muovono, piuttosto che dipingere la vicenda dei serial killer con il sangue delle sue vittime.
Volendo trovare riferimenti cinematografici, Alex cita L'inquilino del terzo piano di Roman Polanski, ma anche Profondo rosso di Dario Argento, e non sembra affatto spaventato dell'eventuale paragone, sentendosi forte della sua esperienza. "Fare cinema è un’arte misteriosa, che non può essere certo paragonata ai videoclip" spiega. "Ma girare un clip è una prova per il musicista di turno ma anche per il regista. E’ una botta di energia compressa, che deve dare il meglio in breve tempo". Proseguendo la metafora musicale, Alex aggiunge: "Se girare un videoclip è come realizzare un disco, fare un film è come una tournée, quando la stessa energia deve essere disponibile per più tempo, ogni volta al massimo per dare il meglio. Ecco perché per me non c'è differenza tra un video musicale o un lungometraggio. E’ solo un lavoro più lungo, ma l'entusiasmo e la voglia è la stessa tutti i giorni".
Il titolo del film rimane lo stesso del romanzo, Almost Blue, anche se il regista ci tiene a sottolineare il motivo che gli ha fatto preferire la versione di Elvis Costello (che è anche l'autore del brano che ha ispirato il titolo) a quella suonata dal leggendario trombettista jazz Chet Baker. "Volevo un pezzo interpretato da uno vero, come Costello appunto" conclude Alex. "Non che Chet Baker non lo sia, ma è troppo compiaciuto del suo modo di essere un perdente".