"Almost Blue - Quasi Blu
" è il film che Alex Infascelli ha girato
partendo dalla storia raccontata da Carlo
Lucarelli nel suo romanzo.
il sito del film è www.almostblue.it
se vuoi sentire un assaggio della musica
di Almost Blue suonata da Chet Baker clicca
qui
e per sentire la versione suonata da Elvis
Costello clicca qui
per la versione cantata qui
Sono diponibili le versioni in vhs e dvd.
intervista di Dean Buletti a Carlo Lucarelli
apparsa su cinemazip (in rete)
Ragazzone timido, giallista romagnolo frequentatore
di qualità del teleschermo notturno oltre
che della questura della sua Bologna, Carlo
Lucarelli è ormai uno scrittore affermato.
Oltre che da Almost Blue è stato tratto un film anche da Lupo Mannaro, di prossima uscita.
Non hai partecipato alla sceneggiatura del
film, eppure ci sei anche tu, all’anteprima
di "Almost blue" di Alex Infascelli.
E’ la prima volta che vedi il film?
Sì, giuro. E devo proprio dire che mi è piaciuto
molto. Io non ho partecipato semplicemente
perché non è accaduto, non perché abbia voluto
tenermene fuori o cose del genere. Quando
Alex comprò i diritti del libro, mi raggiunse
48 ore dopo in Sardegna, chiacchierammo parecchio,
poi lui si è messo al lavoro in autonomia,
com’era sacrosanto.
E come è sacrosanto che lui abbia dato
un’interpretazione
del tuo libro magari diversa dalla
tua...
Naturalmente: ogni lettore ha il diritto
di proiettarsi in mente il proprio film,
quando legge un libro. Quando è un regista,
ovvero un altro autore, a farlo è sacrosanto
che lo faccia in modo personale.
Riscontri grandi differenze col film
che
ti eri proiettato in mente tu mentre
scrivevi?
Non moltissime: davvero m’è piaciuto molto,
e mi ha fatto anche paura. Ha ovviamente
sottolineato certi aspetti più di altri (magari
meno letterari): certe scene sono più visionarie
e violente di quanto non fossi riuscito io
stesso a renderle! Ma nel complesso mi ci
ritrovo.
Per esempio il riferimento a Luther
Blissett
è maggiore...
Beh nel libro c’era già, anche se era una
riga sola: sai, vivendo a Bologna era quasi
“inevitabile”. Come del resto raccontare
cose della città che conosco e ho visto io...
Abbastanza diverse da quelle che mostra
Infascelli,
invero...
Beh, dei 200.000 studenti che la vivono,
ognuno avrà un’immagine diversa, e questo
è il suo bello: ho ambientato molte delle
mie storie a Bologna proprio per questo.
Per esempio io ho studiato lì ma vivevo a
Faenza: quindi di quegli anni ricordo solo
la stazione, il viale che porta all’Università,
l’Università e basta.
Per "Lupo Mannaro" la tua
partecipazione
alla sceneggiatura invece è stata piena:
quali sono secondo te le principali
differenze
tra questa trasposizione di un libro
e l’altra?
Lì le atmosfere sono più cupe, più noir:
siamo sicuramente più dalle parti del film
di genere... ma sono molto contento di entrambi:
anche del fatto che la Grazia Negro di Lorenza
Indovina sia diversa dalla Grazia Negro di
Maya Sansa... ognuna aggiunge una lettura
alla mia Grazia Negro.
Di bolognese potrebbe sembrare che
ci sia
poco, nel film di Infascelli, o no?
No. Per esempio l’accento bolognese nel film
non si sente, ma anche in città, dove ci
sono tantissimi studenti di tutta Italia
si sente raramente. Nella polizia, poi, in
particolare: lì usano tutti una specie di
“poliziottesco” - una lingua franca che capiscono
tutti i poliziotti, sia quelli nati a Bologna
sia quelli delle regioni più lontane: per
esempio dicono tutti “minchia”, e non “socmel”!
Tutto sommato quindi ti senti un autore
contento,
soddisfatto di come vieni trattato
dal cinema?
Decisamente sì, e devo ringraziare tutti.
Anche voi, perché al cinema di lunedì mattina
non ci andavo più da quando avevo dieci anni
e andammo con la scuola a veder un film sulla
Resistenza!
Un thriller pensato e realizzato in Italia.
Dal libro di Carlo Lucarelli, Alex Infascelli
ha realizzato il suo primo lungometraggio
per Vittorio Cecchi Gori, con Lorenza Indovina,
Andrea Di Stefano, Rolando Ravello e Claudio
Santamaria.
La storia è ambientata a Bologna: un serial
killer si aggira per la città, muta continuamente
volto e identità, e una giovane ispettrice
gli da la caccia e affidandosi ad un ragazzo
cieco, Simone, che riconosce l’omicida dalla
voce. Simone ogni sera mette sul piatto il
suo pezzo preferito, Almost Blue (la versione
di Chet Baker nel libro, quella di Elvis
Costello nel film) da cui il titolo, e ascolta
le voci della notte, vive in un mondo tutto
suo, dove i suoni sono colori, la musica
è un arcobaleno.
La colonna sonora è affidata ai Massimo Volume,
che hanno improvvisato sulle immagini e hanno
fatto anche una loro versione del brano di
Costello, dal titolo Quasi blu. Alex Infascelli
si è fatto un nome girando videoclip musicali
per Daniele Silvestri, Samuele Bersani, Luca
Carboni, Ligabue, Niccolò Fabi, Frankie Hi
Nrg, Max Gazzè e malgrado la sua esperienza
sia ricca soprattutto di clip, non si è sentito
intimorito a Cinecittà anche perché "figlio
d’arte": suo padre, Roberto Infascelli,
è stato un noto produttore degli anni Settanta,
così come lo era suo nonno.
Per il suo lungometraggio d'esordio ha scelto
un romanzo italiano, raccontato da tre punti
di vista: quello dell'Iguana, un assassino
che si reincarna nelle sue vittime, quello
di Grazia, una giovane detective che gli
dà la caccia, usando le tecnologie più sofisticate,
aiutata dal terzo protagonista, Simone, il
ragazzo cieco che descrive la sua città attraverso
le voci che ascolta e ruba con lo scanner.
La sua è una lettura personale del romanzo.
L'ha letto una volta sola, e l'ha stravolto
insieme a Sergio Donati, con cui ha scritto
la sceneggiatura. Volendo trovare riferimenti
cinematografici, Alex cita "L'inquilino
del terzo piano" di Roman Polanski,
ma anche "Profondo rosso" di Dario
Argento.
Il titolo del film rimane lo stesso del romanzo,
Almost Blue, anche se il regista ci tiene
a sottolineare il motivo che gli ha fatto
preferire la versione di Elvis Costello (che
è anche l'autore del brano che ha ispirato
il titolo) a quella suonata dal leggendario
trombettista jazz Chet Baker: "Volevo
un pezzo interpretato da uno vero, come Costello
appunto" conclude Alex. "Non che
Chet Baker non lo sia, ma è troppo compiaciuto
del suo modo di essere un perdente".
Ho visto "Almost Blue"... .. e
devo dire che mi è piaciuto, anzi, mi è piaciuto
molto. Tempo fa avevo visto una cassetta
molto sporca, quasi senza sonoro e con i
colori falsati e mi era piaciuta così così.
Il problema era la sceneggiatura e soprattutto
la parte thriller: incasinata e troppo piena
di cose (credo di essere stato l'unico autore
scontento perché il film era troppo uguale
al libro). La versione definitiva, invece,
è un'altra cosa. Restano alcuni problemi
di sceneggiatura, un dialogo un po' telefonato,
cose così, ma l'impatto visivo ed emozionale
è così forte che gli si perdona il resto.
E' uno dei film più duri, visionari e maledetti
che abbia mai visto, e in questo esprime
in pieno tutta la parte malata e ossessiva
che c'è nel mio libro. L'attore che fa l'Iguana
è straordinario e ha fatto paura anche a
me. Grazia ha tutte le incertezze e la goffaggine
del mio personaggio. Simone, anche se è più
ridotto rispetto allo spazio che ha nel mio
libro, è reso molto bene. Insomma, l'ho visto
da spettatore (non ho partecipato a nulla
della scrittura del film) e tornerò a vederlo
venerdì 17, quando uscirà nelle sale. Non
ho ritrovato tutte le cose che c'erano nel
mio libro (ed è giusto che sia così, Alex
Infascelli, il regista, ha fatto quello che
fanno tutti i lettori: impadronirsi di un
libro e proiettarsi mentalmente un film che
può essere diverso da quello dello scrittore
o degli altri lettori), ma ho visto quello
che ritengo un bel film, pieno di emozioni
e di tensione. Meglio de "I fiumi di
porpora". Sono curioso di sentire il
vostro parere, quando lo avrete visto.
Carlo Lucarelli
Alcune Recensioni:
il Manifesto (11/14/00)
Mariuccia Ciotta
....Simone (Claudio Santamaria) è cieco e
il mondo lo vive attraverso i rumori, le
voci che si inseguono lungo le chat, internet,
telefonini, sfumature di parole appena catturate
che a lui bastano per dare un colore all'anima.
Verde come la follia, rosso come la sua ossessione
voyeur della vita malgrado la cecità. Blu
che è il colore del sentimento, dell'amore,
delle voci di qualcuno che potrebbe essergli
vicino. Blu o Almost blu come la canzone
che era di Chet Baker e che lui sente quando
cerca dolcezza con le note graffianti di
Elvis Costello. Blu come la voce di Grazia
(Lorenza Indovina), ispettrice della scientifica
che indaga su un probabile serial killer
(Rolando Ravello) senza volto a parte quella
tonalità verde che a Simone spacca il cervello....
Almost blue (Quasi blu) è il film d'esordio
di Alex Infascelli, musicista, fotografo
e molti videoclip (un capolavoro Inno nazionale,
quello di Luca Carboni all'Eur a cui sparano
da un grattacielo) alle spalle, tutte esperienze
che esplodono nel suo cinema trasmettendovi
la stessa inquietudine. All'origine c'è Almost
blue romanzo di Carlo Lucarelli (Einaudi),
folgorante per Alex al punto che, dice, "i
diritti li ho comperati venti giorni dopo
che l'ho finito". Anche se poi libro
e film restano mondi separati, lui lo ha
letto una sola volta e lo ha lasciato lì.
E' una questione di atmosfere, stile, scrittura,
vocabolario, tensione - a Lucarelli il film
è piaciuto, "è un po' quello che c'era
nella mia testa - dice - Specie le scene
dell'iguana". Che è il serial killer,
uno che uccide ragazzi, soprattutto studenti,
per indossare la loro pelle, il loro essere.
"Di fronte a questo mi viene da pensare
alla superficialità con cui vediamo le persone
- dice Alex Infascelli - Se basta appropriarsi
di un vestito per scambiare uno con l'altro".
Lo sfondo è Bologna, tutta interni, notturna,
con le tonalità della mente più che della
cartolina "osteria&tortellino",
e il serial killer si muove tra quella "massa
di alieni" che sono gli universitari
nella percezione più diffusa, ai quali si
contrappone la città, i bolognesi doc molto
Guazzaloca... Il punto di vista collettivo
è anche quello del regista, che nel film
si ritaglia il cameo di una delle vittime
col nome di Luther Blisset ("il giorno
che giravamo la scena è uscita la notizia
della morte di Luther Blisset" spiega")
, cioè il manifesto della non-identità individuale,
specie nella rete, e tra l'altro Alex Infascelli
a Bologna ha vissuto due anni frequentando
il Dams, cosa che gli dà la leggerezza per
sfotterli anche un po' questi studenti quasi
da fumetto, un occhio a Pazienza e ai suoi
Zanardi, " non in modo cattivo, è come
dire 'vi conosco' ma senza prendere in giro"
dice. Però tutto questo resta fuoricampo.
La "storia" è marginale, perchè
Almost blue non vuole essere un film nel
genere serial-killer, non almeno negli esempi
subito identificabili. I riferimenti (dichiarati)
sono altri, Fargo dei fratelli Coen per la
giovane ispettrice spesso maldestra, lontana
dal prototipo del supereroe. Il giallo all'italiana,
un po' commedia coi due poliziotti in dolceamaro
(Marco Giallini e Dario D'Ambrosi che sono
bravissimi, a prova che il cinema italiano
potrebbe avere molte più facce), un po' sceneggiato
tv, fino a Dario Argento nell'Uccello delle
piume di cristallo, per quella chiave della
serialità come ossessione intima più che
come rito. "Mi vengono in mente Dov'è
Anna? o La scala a chiocciola, le cose che
vedevamo da piccoli alla televisione - dice
Infascelli - Al genere del 'killer seriale'
non ho voluto pensare. Non me lo sono posto
come problema esistenziale altrimenti non
ne sarei uscito. E neanche come modello narrativo,
qui casomai si parla di una patologia particolare,
la ritualità del serial killer non è mai
in primo piano". Ed è soprattutto nel
cinema, nel linguaggio dell'immagine, senso
del colore, spazio, luce la sua sfida. E'
lì che Infascelli metabolizza il genere,
lo tritura e poi lo lascia libero nelle tonalità
emozionali dell'occhio, distillando cuore
e cervello, gioco cromatico freddo-caldissimo,
stridore di morbidezza e spigolosità, in
cui le immagini scorrono impastate al suono,
alla musica dei massimo volume e di lory
d. (più alcune canzoni dello stesso Infascelli).
Le sue parole diventano le inquadrature,
i movimenti, i corpi, le contrapposizioni,
necessità di una nuova generazione nel cinema
italiano che sta rompendo la narrazione "scritta"
con la materia della visualità - come Infascelli
Luca Guadagnino, Beniamino Catena, Walter
Fasano, tutti (e non a caso) cresciuti in
un progetto di cinema a "campo aperto"
in cui videoclip, pubblicità, fotografia,
diario intimo, fumetti si fondono senza rotture,
un corpo unico da usare e reinventare. E
che sfida così lo schermo "ristretto"
spalancandolo su altri spazi, invenzioni,
gusto del gioco. Il che non nega la struttura
narrativa (seppure raccontata diversamente),
anzi la sceneggiatura Infascelli l'ha scritta
insieme a Sergio Donati (che lavorava con
Sergio Leone), più una revisione con Luca
Infascelli. "Che ci è servita per asciugarla
- spiega Alex - La versione scritta insieme
a Donati era molto parlata, io volevo essiccarla,
arrivare all'essenziale". Cioè ai mondi
incrociati di Grazia, Simone e del serial
killer, di cui scopriremo nome, Alessio,
e passato. "Però background o flashback
non mi interessano. E' uno stato del cinema
che non mi appartiene, non so se sarei in
grado - dice il regista - Volevo stare nel
cinema e per farlo questo film dovevo o domarlo
o assecondarlo". Aggiunge: "il
centro è l'incontro tra i tre personaggi,
e la zona che volevo illuminare è quelle
in cui entrano in collisione. Mi affascina
la tensione o il calore che si crea quando
le persone si sfiorano e creano un contatto".
Lui chi preferisce dei tre? "Alessio,
è l'unico puro, non ha freni, in qualche
modo mi ci identifico. Per questo rispetto
alla visione di Lucarelli dove è molto più
cattivo, ho voluto conservare un suo lato
delicato"....
la Repubblica (11/19/00)
Roberto Nepoti
....Finalmente un thriller italiano teso,
coinvolgente, tagliato su misure cinematografiche
anziché televisive. Almost Blue è l’adattamento
del romanzo omonimo di Carlo Lucarelli, ispirato
alla lontana a una serie di delitti (all’epoca
goffamente battezzati «i delitti del Dams»)
che gravitarono diversi anni fa intorno all’ateneo
bolognese. A Bologna — una Bologna marginale,
fotografata in modo anticonvenzionale e riconoscibile
soltanto da una «panoramica» verso la fine
— arriva, assieme al suo capo, l’ispettore
Grazia Negro (Lorenza Indovina), per indagare
su una serie di omicidi rimasti insoluti.
Tutte le vittime studiavano all’università
e sono state orribilmente massacrate. All’inizio,
l’investigatrice esperta di computer si attira
i rancori e la diffidenza della polizia locale;
in particolare, dei due agenti messi al suo
fianco. Quando il serial killer torna a colpire,
un ragazzo cieco di nome Simone Martini (come
il pittore medievale) capta, in chatline
sul suo computer, la conversazione tra il
mostro e la ragazza che ucciderà. L’unica
possibilità di fermare lo psicopatico, il
quale assume via via l’identità dei morti,
risiede proprio in Simone, che è in grado
di riconoscerne la «voce verde», cattiva
e pericolosa. Per il giovane anche la voce
di Grazia ha un colore (quella di Greta Garbo
non fu forse definita «voce viola»?): quasi
blu, come canta Elvis Costello nel celebre
brano che dà il titolo alla storia. Nella
sua generosa risolutezza, la poliziotta compie
un passo falso, causando una nuova vittima
e mettendo in pericolo il ragazzo. Anche
il superiore di Grazia ci lascia le penne.
Figlio e nipote d’arte, formatosi alla scuola
dei videoclip, Infascelli mette in scena
un film nerissimo, lirico e struggente. Gli
ambienti degradati ricordano quelli di «Seven»:
più come un’evocazione, però, che come l’ennesima
citazione del citatissimo film di David Fincher.
Il racconto, che non ha l’andamento del giallo
(l’identità dell’omicida è chiara da subito),
procede per lampi, per scene chiave punteggiate
da dissolvenze in nero. L’effetto è emotivamente
forte, a tratti consapevolmente sgradevole
per come costruisce il clima macabro e ossessivo
con cui avvolge sempre più i personaggi.
Si rivela felice anche la scelta registica
di far recitare gli attori dando loro soltanto
poche informazioni sulle parti. La Indovina,
la cui bravura non era in discussione, è
decisa e fragile, arrabbiata e smarrita come
se stesse vivendo davvero la terribile storia....
La Stampa (11/19/00)
Lietta Tornabuoni
....Un nuovo regista italiano molto interessante:
Alex Infascelli, 33 anni, appartenente a
una famiglia di cineasti, ex musicista, autore
di videoclip musicali. Un primo film molto
inconsueto e riuscito, sorprendentemente
efficace e originale, «Almost Blue»: il titolo
è quello di un bellissimo pezzo di Chet Baker
cantato da Elvis Costello, la storia è quella
del romanzo di Carlo Lucarelli (editore Einaudi)
ma evoca pure crudeltà e ferocia d’altri
scrittori neri, a esempio Giorgio Scerbanenco
(«Milano calibro 12»), Daniele Brolli («Anima
nera»). La sorpresa maggiore e più bella
è lo stile: quasi sperimentale, intenso,
inquieto, frammentato e insieme fluido, mai
banale, dotato di energia e forza, della
evidenza e corposità del sangue, nutrito
di immagini complesse, d’una visione nuova
e insieme d’una competenza impeccabile. A
Bologna, nell’ambiente degli studenti universitari
spesso provenienti da altre città e quindi
sradicati, precari, un serial killer compie
il suo atroce lavoro di morte: le sue vittime
sono tutti studenti universitari, vengono
trovate tutti nudi, tutti seviziati e coperti
di sangue. Intorno ai delitti indaga una
ispettrice di polizia specializzata nell’analisi
dei crimini seriali. Il primo a riconoscere
la voce del killer («una voce verde») è un
ragazzo cieco che vive circondato da apparecchiature
elettroniche attraverso le quali ascolta
il mondo, dalle radio della polizia alle
chat lines alla musica («Almost Blue» è il
suo pezzo prediletto), ricco d’autodisprezzo
sofferente (le lenti a contatto con cui non
vede rappresentano il radioso «sole che ride»).
Il killer è un ragazzo, coetaneo degli assassinati:
uccide, si denuda, si sporca del sangue degli
uccisi, in una sorta di reincarnazione con
le vittime, in una ricerca di identità perennemente
delusa. Interpreti giusti, dettagli indimenticabili.
Il killer che scrive al computer, insanguinando
i tasti. Gli eterni lavori in corso alla
Questura di Bologna, per una ristrutturazione
certo non soltanto edile, comunque mai compiuta.
Le urla d’una donna alla scoperta d’un delitto.
Le immagini finali, terribili. In questo
horror diverso, nulla è manieristico né gratuito:
tutto esprime la cupa violenza e il massacro
insensato dell’Italia nera....
Il Resto del Carlino (11/19/00)
Paola Cristalli
....Bologna è nera e insanguinata, psicotica
e assassina, mostruosa e fredda nelle immagini
di Almost blue; è una dark city senza volto
e questa non riconoscibilità anonina, angosciosa,
riesce a essere intressante nel film d'esordio
che Alex Infascelli ha tratto da uno dei
migliori, più cupi romanzi del giallista
Carlo Lucarelli. Girato (ma forse non poi
tanto) in città, Almost blue è un film dove
si uccide con violenza cannibale, senza ironia
macabra né imperscrutabile gratuità: il delitto
ha una sua chiara radice, ed è la follia.
A Bologna vengono scannati studenti (di diverse
facoltà, ma hanno tutti l'aspetto che il
luogo comune attribuisce allo studente Dams,
e questa è una delle banalità gravi del film).
Si dà la caccia ad un assassino sgusciante,
detto Serpente (nel romanzo era l'Iguana)
per l'abitudine che ha di cambiar pelle,
di sfigurare orribilmente i volti delle sue
vittime seviziate e di assumerne poi, provvisoriamente,
l'identità. Da Roma arriva una poliziotta
insieme trepida e tosta, che persegue l'unica
traccia possibile: la voce del killer, la
voce falsa e “verde” che solo un giovane
cieco ha intercettato, via computer e sofisticati
scanner, e che solo lui può riconoscere.
Almost blue è un esperimento non disprezzabile,
però riuscito a metà: allude e poi giustamente
aggira le psicologie, cerca di incendiare
le immagini di autonoma suggestione ma l'eco
del videoclip prende spesso il sopravvento.
Un disagio malato percorre la storia, e i
momenti trucidi fanno anche paura; tra aspirazioni
al visionario d'autore e concessioni all'estetica
stracult, fallisce però l'aggancio dei mondi
paralleli, delle ossessioni interiori, quella
del ragazzo che non vede e vive in un ipertecnologico
buio, quella dell'assassino che non sente
perché lo recludono dal mondo le cuffie d'un
walkman che spara musica micidiale. E quanto
a colonna sonora, più Chet Baker/ Costello
e meno Massimo Volume avrebbero offerto miglior
contrappunto - lo strazio dell'anima verso
lo strazio dei corpi....
Film TV (11/28/00)
Aldo Fittante
....C'è un serial killer che s'aggira anche
a Bologna, di quelli strani strani, che uccidono,
si spogliano nudi e contemplano i propri
crimini ascoltando in cuffia musiche rumorosamente
sinistre. Malgrado la ferocia e la quantità
di reati reiterati gli danno la caccia in
pochi, anche se uno di questi é un ispettore
dell'Unità Analisi Crimini Violenti, una
specie di superpolizia dove, tra gli altri,
comanda un antipaticissimo personaggio che
parla come un fumetto senza ironia: aria
talmente da duro da ridergli in faccia. Insomma:
il primo film ricavalo dalla prolifica verve
del romanziere giallo di moda Carlo Lucarelli
é più un pilot televisivo che un film da
grande schermo: primi piani asfissianti,
tensione da prime time, intrecci che si perdono
al primo (s)nodo, caratteri tagliati con
l'accetta, sfumature assenti, saccheggi indiscriminati
a mezzo immaginario collettivo. L'ambizioso
Infascelli proviene dalla pubblicità e si
vede: gira come se il suo esordio dovesse
durare trenta secondi, dirige malissimo gli
attori (cade nella trappola anche la brava,
intensa e bella Lorenza Indovina) e s'inerpica
per strade impervie che, a volte, non riescono
a percorrere nemmeno i grandi. Quasi un film....
Ciak (12/1/00)
Valerio Guslandi
....Partendo dallo spunto dell'intrigante
thriller di Carlo Lucarelli (194 pagine,
edito da Einaudi), Alex Infascelli racconta
la storia dell'Iguana, un serial killer che
imperversa uccidendo gli studenti di Bologna
e assumendone l'identità. Abbandonata la
narrazione in soggettiva del romanzo, Infascelli
la sostituisce direttamente con la macchina
da presa che pedina ossessivamente i suoi
protagonisti, immersi sempre in una luce
cupa (quasi blu, quasi triste, come suona
il titolo), chiusi in ambienti soffocanti
e freddi, alla ricerca di identità come l'Iguana.
Oltre alla soluzione del caso poliziesco,
a Infascelli interessa annotare gli impercettibili
spostamenti psicologici dei personaggi, in
un film che disturba e attrae nello stesso
tempo. Girato con stile sicuro e personale
(mutuato dalle esperienze nei videoclip del
regista), Almost Blue ha il pregio di ritagliarsi
una sua dimensione, non legata soltanto alla
realtà cinematografica italiana....
Recensione di Silvia Fumarola (Repubblica, 14/11/2000)
L’Iguana, un killer davvero speciale
Venerdì esce "Almost blue", il
film di Alex Infascelli tratto dal romanzo
di Carlo Lucarelli. Nel cast Lorenza Indovina
ROMA — Una versione bellissima di "Almost
blue" cantata da Elvis Costello, il
computer e uno scanner per catturare suoni
e voci. Il mondo di Simone, cieco, è chiuso
nella mansarda dove ha scelto di isolarsi
dal mondo. Fino al giorno in cui in quella
stanza non intercetta la voce verde dell’Iguana,
il serial killer che cattura su Internet
le vittime: tutti studenti. Quando il rettile
che immagina di avere sotto la pelle si fa
sentire, il bisogno di uccidere diventa urgente:
sporco di sangue, nudo, finalmente placato,
Iguana assume l’identità della vittima. Alex
Infascelli, (dinastia di cineasti e produttori),
33 anni, porta sullo schermo "Almost
blue", il romanzo di Carlo Lucarelli.
Il film esce venerdì ed è una sorpresa, per
l’atmosfera, la scelta stilistica, la forza
delle immagini. Folgorato dal libro («Ho
comprato i diritti venti giorni dopo averlo
letto»), il regista debuttante faceva il
musicista e ha firmato videoclip per Frankie
Hi Nrg, Silvestri, Carboni dice di aver apprezzato
«il lato umano dei personaggi. Il killer
ha un aspetto quasi candido, io l’ho raccontato
come se fosse un foglio bianco. E poi la
grandezza del libro sta nel fatto che non
succede quasi nulla perché avviene tutto
subito, in maniera chiara e veloce. Ho fatto
tanti videoclip, sono arrivato al cinema
attraverso la musica e la pittura, Bacon
in particolare, è il mio punto di riferimento».
Lorenza Indovina intepreta Grazia Negro,
la detective dell’Unità analisi crimini violenti
che indaga sul caso, Rolando Ravello è il
serial killer, Claudio Santamaria è Simone,
il giovane cieco che guida gli ispettori.
Nel cast anche Marco Giallini, Andrea Di
Stefano, Marco D’Ambrosi, Benedetta Buccellato.
"Almost blue" segue tre angolazioni
diverse, quella di killer, investigatori
e di Simone. «L’aspetto interessante in questa
storia è l’attrito che si crea quando i personaggi
si avvicinano l’uno all’altro» spiega il
regista «Ho cercato di conservare l’emozione
di quando ho letto il libro, le mie prime
sensazioni. Il film all’inizio mi sfuggiva
di mano, come un cavallo pazzo: l’ho assecondato.
Diciamo che è un esperimento con cui sento
di rischiare, anche se i veri rischi sono
altri: avete presente "Medici senza
frontiere"? Io mi sono divertito a girarlo,
mi hanno pagato, ma una cosa è vera, non
è un film di genere». Non è scontata neanche
Grazia Negro, con i suoi capelli in disordine
e le scarpe basse, diversa da tutte le ispettrici
già viste. «Nessun paragone con la
Clarice Sterling del "Silenzio degli
Innocenti» dice Lorenza Indovina «con Alex
abbiamo deciso che doveva restare fuori da
"Almost blue". Grazia , tra i suoi
punti di forza, ha la femminilità. Magari
è goffa, è instabile, ma è vera». «Più che
al "Silenzio degli innocenti" o
a "Seven"» ammette Infascelli «
mi è rimasto nel cuore "Fargo"
e la sua protagonista». La poliziotta infallibile
e incinta, interpretata da Frances McDormand,
che per quel ruolo si aggiudicò un Oscar.
Intervista di Silvia Fumarola (Repubblica, 14/11/2000)
"In Italia si può sparire nell’indifferenza"
Lo scrittore applaude il film: un thriller
visionario
ROMA — «Il film mi è piaciuto tantissimo
e non ho notato grande differenza col libro,
è vicino alla parte visionaria del romanzo.
E’ riuscito a rappresentare i "colori"
delle voci, le scene di violenza fanno davvero
paura». Carlo Lucarelli applaude al termine
della proiezione di "Almost blue":
il giudizio più atteso, ovviamente, era il
suo. Autore prediletto dai più giovani, affascinati
dalle atmosfere pulp dei suoi romanzi, Lucarelli
dice di aver visto il film "da spettatore".
Perché non ha collaborato alla sceneggiatura?
«Non mi hanno telefonato. A parte gli scherzi,
non ho avuto alcun contatto col regista e
l’ho trovata una scelta giusta. Alex ha fatto
quello che fanno tutti i lettori: ha indossato
il libro, l’ha fatto suo». Bologna nel film non è così caratterizzata.
«E’ quella che ho conosciuto studiando all’università,
abitavo a Faenza, e facevo avanti e indietro.
In realtà la città da cartolina non esiste
perché i ragazzi, che arrivano da tutta Italia,
abitano lontano dal centro in appartamenti
subaffittati. Lo stesso vale per i poliziotti,
che parlano il "poliziettesco",
una lingua tutta loro, infatti anche un poliziotto
nato a Bologna usa le stesse espressioni
di un siciliano». Lei ha scelto di parlare dell’Italia attraverso
i gialli.
«Trovo che il giallo sia un ottimo strumento
per raccontare le città. Abbiamo bisogno
di sentirci spiegare la realtà in cui viviamo.
Il mio modello è Giorgio Scerbanenco, ma
trovo che anche Dürrenmatt e Dostoevskij
siano grandi scrittori di gialli. La via
italiana al giallo è scrivere di cose reali
senza stereotipi, che abbiano un’incidenza
nella nostra vita reale e nella politica.
Nel noir c’è sempre critica sociale». Cosa c’è di politico in "Almost blue"?
«La denuncia dell’indifferenza. La mia storia
è ambientata a Bologna, ma è poco importante,
quello che racconto potrebbe accadere in
un’altra città qualsiasi. In Italia le persone
possono sparire, essere uccise, senza che
nessuno se ne accorga». Un altro suo libro, "Lupo mannaro"
è diventato un film diretto da Antonio Tibaldi.
«Sì, e in quel caso ho collaborato alla sceneggiatura.
E’ la storia di un poliziotto che non può
arrestare il suo assassino: sa , "sente"
che è lui, ma non riesce a incastrarlo. Rispetto
al romanzo, del ’93, c’è una maggiore analisi
psicologica dei personaggi. Se lo dovessi
ripubblicare lo integrerei con quello che
è stato aggiunto nella sceneggiatura». A cosa sta lavorando adesso?
«Sta uscendo il mio nuovo libro, "Un
giorno dopo l’altro", che è il seguito
di "Almost blue", ha la stessa
struttura. Si dà la caccia a un killer che
attrae le proprie vittime attraverso Internet.
Il titolo è tratto da una canzone di Luigi
Tenco, come l’altro era un omaggio a Chet
Baker: due dei brani più tristi che abbia
mai sentito».
Articolo di Rita Celi (Musica!, supplemento di Repubblica, 18/5/2000)
Alex e l’assassino - sul set di "Almost
Blue"
Dai videoclip al cinema: Infascelli gira
a Cinecittà il suo primo film, dal romanzo
di Lucarelli
La stanza è piccola, e la scrivania è un
incastro tecnologico. Computer, tastiere,
casse, scanner, impiantistereo e di varia utilità sono accatastati
intorno alla sedia dove passa le sue giornate
Simone. Da una finestra arriva la luce del
sole, ma serve poco al solitario ragazzo,
impegnatissimo a intercettare le voci che
arrivano da un monitor con un piccolo altoparlante.
Simone è cieco e vive in un mondo tutto suo,
dove i suoni sono colori, la musica è un
arcobaleno. Un mondo in miniatura, ricostruito
in ogni dettaglio all'interno del Teatro
13 a Cinecittà. La sedia del regista è occupata
da Alex Infascelli, impegnato a dare indicazioni
agli operatori e ai tecnici, mentre Simone
(Claudio Santamaria) sbadiglia, sciogliendosi
sotto il calore dei riflettori. Arriva finalmente
il ciak, si gira: il silenzio scende e assorbe
la scena, Simone-Claudio ripete la frase
così come gli ha appena spiegato il giovane
regista.
Sono gli ultimi giorni di riprese a Roma,
dopo gli esterni girati a Bologna, del primo
lungometraggio di Alex Infascelli, Almost Blue, prodotto e distribuito da Vittorio Cecchi
Gori, la cui uscita è prevista in autunno.
Interpreti, oltre Santamaria, Lorenza Indovina,
Andrea Di Stefano, Dario D'Ambrosi, Marco
Giallini, Rolando Ravello. Il titolo del
film è rimasto uguale al romanzo di Carlo
Lucarelli da cui è tratto. Un thriller ambientato
a Bologna in cui un killer psicopatico massacra
studenti universitari fuori sede. Sulle sue
tracce una poliziotta che si avvale dell'aiuto
del ragazzo cieco. Simone ogni sera mette
sul piatto il suo pezzo preferito, Almost Blue (la versione di Chet Baker nel libro, quella
di Elvis Costello nel film) da cui il titolo,
e ascolta le voci della notte.
La colonna sonora è affidata ai Massimo Volume,
che improvviseranno sulle immagini e faranno
anche una loro versione del brano di Costello,
dal titolo Quasiblu. "Io farò da direttore d'orchestra- precisa
Alex Infascelli, che si è fatto un nome girando
videoclip (tra gli altri, per Daniele Silvestri,
Samuele Bersani, Luca Carboni, Ligabue, Niccolò Fabi, Frankie Hi Nrg, Max Gazzè).
Malgrado la sua esperienza sia riccasoprattutto di video musicali, non si sente
intimorito a Cinecittà. Alex è cresciuto
nel mondo del cinema: suo padre, Roberto
Infascelli, è stato un noto produttore degli
anni Settanta ('Febbre da cavallo' solo per
citare un titolo), così come lo era suo nonno,
tramandando la passione per il grande schermo
a tutta la famiglia. Finora il giovane Infascelli
si è cimentato solo con cortometraggi, non
solo musicali, con cui ha partecipato al
film collettivo DeGenerazione. Per il suo lungometraggio d'esordio ha invece
scelto un romanzo italiano, raccontato da
trepunti di vista: quello dell'Iguana, un assassino
che si reincarna nelle sue vittime, quello
di Grazia, una giovane detective che gli
dà la caccia, usando le tecnologie più sofisticate,
aiutata dal terzo protagonista, Simone, il
ragazzo cieco che descrive la sua città attraverso
le voci che ascolta e ruba con lo scanner.
Conoscendo dalle pagine di Lucarelli le modalità
con cui l'Iguana uccide, sarebbe facile aspettarsi
uno splatter, di quelli con il sangue che
schizza da tutte le parti. "Il sangue
c'è" racconta Alex "ma niente a
che vedere con quello che si racconta nel
libro. Del resto la mia è una lettura personale
del romanzo. L'ho letto una volta sola, e
l'ho stravolto insieme a Sergio Donati, con
cui ho scritto la sceneggiatura. La storia
coincide, ma ho preferito soffermarmi sui
meccanismi che spingono i personaggi a comportarsi
in un certo modo, senza l'ironia tipica dello
splatter". Per avere un’idea più precisa,
Infascelli pensa di più ai thriller dell'ultima
generazione, che si concentrano volutamente
sui personaggi, sulle loro azioni e sulle
persone che li muovono, piuttosto che dipingere
la vicenda dei serial killer con il sangue
delle sue vittime.
Volendo trovare riferimenti cinematografici,
Alex cita L'inquilino del terzo piano di Roman Polanski, ma anche Profondo rosso
di Dario Argento, e non sembra affatto spaventato
dell'eventuale paragone, sentendosi forte
della sua esperienza. "Fare cinema è
un’arte misteriosa, che non può essere certo
paragonata ai videoclip" spiega. "Ma
girare un clip è una prova per il musicista
di turno ma anche per il regista. E’ una
botta di energia compressa, che deve dare
il meglio in breve tempo". Proseguendo
la metafora musicale, Alex aggiunge: "Se
girare un videoclip è come realizzare un
disco, fare un film è come una tournée, quando
la stessa energia deve essere disponibile
per più tempo, ogni volta al massimo per
dare il meglio. Ecco perché per me non c'è
differenza tra un video musicale o un lungometraggio.
E’ solo un lavoro più lungo, ma l'entusiasmo
e la voglia è la stessa tutti i giorni".
Il titolo del film rimane lo stesso del romanzo,
Almost Blue, anche se il regista ci tiene a sottolineare
il motivo che gli ha fatto preferire la versione
di Elvis Costello (che è anche l'autore del
brano che ha ispirato il titolo) a quella
suonata dal leggendario trombettista jazz
Chet Baker. "Volevo un pezzo interpretato
da uno vero, come Costello appunto"
conclude Alex. "Non che Chet Baker non
lo sia, ma è troppo compiaciuto del suo modo
di essere un perdente".